Che a Milano non si respirasse l’aria montanara di Heidi, si sapeva. Talvolta però ci dimentichiamo le conseguenze di quest’aria irrespirabile. Secondo una nuova ricerca dell’Università Statale, in collaborazione con l’Università di Padova, Cittadini per l’aria e la rivista Epidemiologia e Prevenzione, lo smog non si limita a far tossire: colpisce anche la mente, rallenta i riflessi e peggiora la concentrazione. La qualità dell’aria influisce direttamente sul nostro rendimento cognitivo quotidiano, e quando ci sentiamo un po’ in sbattimento, magari è proprio colpa della mer*a che abbiamo respirato.
Milano e smog: quando la testa va in stand-by
Il progetto, intitolato “Benessere mentale e inquinamento”, ha coinvolto 329 milanesi tra il 16 gennaio e il 10 marzo 2024. I partecipanti hanno indossato una centralina portatile che misurava l’esposizione personale al biossido di azoto (NO₂), gas tossico prodotto in gran parte dal traffico. Ogni giorno, i volontari hanno eseguito test cognitivi (in particolare lo Stroop test, che misura attenzione e prontezza mentale) e compilato questionari. Il risultato è stato inequivocabile: chi aveva respirato aria più inquinata nelle ore precedenti era più lento a rispondere e più incline a sbagliare.
Come spiegano i ricercatori: “Si è riscontrato un aumento del tempo di risposta del 4,4 per cento in coloro i quali avevano una esposizione maggiore di 60 microgrammi per metro cubo nelle 12 ore precedenti l’effettuazione del test”. E ancora: “Si è riscontrato un effetto sul numero di errori, con un aumento medio del 76 per cento nei soggetti con le maggiori esposizioni nelle 24 ore precedenti l’effettuazione del test”. In pratica: più smog = meno lucidità. E il classico blackout mentale in riunione potrebbe non essere solo colpa della sveglia alle 7.

L’illusione dei limiti “di legge”
Nel 2024, per la prima volta, la media annua di biossido di azoto a Milano è scesa sotto la soglia europea dei 40 microgrammi per metro cubo, fermandosi a 39. Ma è un traguardo più simbolico che reale. L’OMS raccomanda infatti un valore massimo di 10 microgrammi, ben più severo. E i tempi stanno cambiando: entro il 2030 l’Unione Europea abbasserà la soglia legale a 20 microgrammi per metro cubo, un target che Milano e la Lombardia potranno raggiungere solo dimezzando l’attuale inquinamento. Missione difficile, tanto che la Regione ha già annunciato che chiederà una deroga.
Milano vs Barcellona: chi respira meglio, vive meglio
Una ricerca analoga condotta a Barcellona ha permesso di confrontare i due contesti urbani. Il risultato non gioca a favore di Milano:
- +12% di stress per i milanesi
- –22% nella qualità del sonno
- –14% nel livello di energia
- –18% nel senso di benessere generale
Secondo gli studiosi, a influire non è solo l’età media più alta del campione milanese, ma anche l’esposizione prolungata a livelli di inquinamento elevati, soprattutto in inverno.
Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria, commenta così:
“Milano fa male ai suoi cittadini e causa danni iniqui. La qualità dell’aria innanzitutto, ma anche il livello di benessere che si flette sotto il peso di una città che non ha vera cura di chi la abita. Una constatazione che deve imporre un cambiamento drastico e veloce delle politiche, che ridia il diritto a una buona qualità di vita a tutti i cittadini, a cominciare da quelli, non pochi, le cui condizioni socio economiche fanno della città l’unico ambiente accessibile”.
A tirare le somme è Silvia Fustinoni, professoressa alla Statale e responsabile dello studio:
“La collaborazione attiva dei cittadini ha permesso di affrontare in modo rigoroso il tema della relazione tra qualità dell’aria e benessere mentale; la sinergia tra scienza e società civile è indispensabile per rispondere ai quesiti più complessi che riguardano la relazione tra salute e ambiente”.
Insomma, in una città che si racconta come smart, veloce, internazionale e sempre sul pezzo, è fondamentale garantire una qualità dell’aria che non metta a rischio la lucidità e la salute delle persone. Per quanto possibile, ovvio.