Se un uomo indica la luna, il Giargiana guarda il dito, l’Imbruttito guarda la direzione che l’uomo indica e gli suggerisce quale mezzo prendere per arrivarci più velocemente possibile.
Perché Milano è fatta così: c’ha fretta e fa di tutto per assecondare questa sua vocazione. Coi mezzi pubblici. Perché anche qui, l’Imbruttito era già all’erta alla fine dell’800.
Il primo tram milanese ha cominciato a girare il 9 settembre del 1878: partiva da Corso Vercelli e arrivava fino a Magenta: 23 km di lunghezza, con una diramazione da Sedriano a Castano Primo.
Per l’epoca, era un mezzo di trasporto tecnologicamente molto avanzato, roba anche facile, diciamo: la gente girava con le carrozze trainate da cavalli!
L’innovazione era data dalla sua struttura, completamente diversa da quella delle motrici dei treni: caldaia e motore erano avvolti da una carrozzeria che consentiva il trasporto dei passeggeri e il posto di manovra era il più avanzato possibile, così da dare al conducente migliore visibilità.
Brutto era brutto, eh: un blocco di ferro che lasciava dietro una scia di fumo che neanche gli svapatori più accaniti, però per i pendolari e gli sfollati della guerra fu una vera manna dal cielo. Potevi attraversare la città alla bellezza di 10 km all’ora e, se dovevi andare in campagna – contando che l’ultima fermata cittadina era Lampugnano – sfioravi la folle punta dei 15 km all’ora.
Visto che arrivò a Milano per concessione della società inglese tramway, quelli che volevano fare i belli italianizzarono il nome in tranvay, ma tutti gli altri lo chiamavano Gamba de Legn.
Si dice che il suo nome derivi dal fatto che un ferroviere, agganciando i vagoni, sia rimasto incastrato per una manovra sbagliata, perdendo una gamba. Ma la direzione, per non licenziarlo, lo mise a camminare – con la sua gamba di legno – davanti al treno nei giorni di nebbia, lanterna in mano e fischietto in bocca, così che nessuno potesse subire la sua stessa sorte.
Altri, però, dicono che il nome derivasse dalla sua andatura dondolante, proprio come un zoppo che si fosse costruito con il legno una protesi approssimativa. E che, forse anche per questo, andasse veramente veloce come un bradipo in letargo.
Ma almeno andava dappertutto, anche quando un bel fiume decideva di esondare!
Mica come adesso che, se esonda il Seveso, restiamo bloccati a tirarci le palline di carte con le penne Bic perché sembra di essere tornati al 1968…
Giusto per la cronaca, l’ultimo viaggio fu il 31 agosto del 1957, partendo dal deposito di Corso Vercelli per non tornarci più. Da lì in poi, Milano venne popolata di autobus.
Ma se volete vederlo dal vivo, fate un salto al Museo della Scienza e della Tecnologia lì, un bell’esemplare ancora c’è!
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