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Antropologia del drinkettaro: dimmi che drink bevi e ti dirò chi sei

Chi più, chi meno, ognuno di noi ha delle abitudini. Dalle più originali come quella di Chiara Ferragni che porta a defecare il suo cane Matilde un giorno a Marrakech e l’altro ad Abu Dabi, a quelle più convenzionali come poltrire il sabato sera sul divano piuttosto che uscire. Ma quando c’è l’alcol di mezzo, […]

Chi più, chi meno, ognuno di noi ha delle abitudini. Dalle più originali come quella di Chiara Ferragni che porta a defecare il suo cane Matilde un giorno a Marrakech e l’altro ad Abu Dabi, a quelle più convenzionali come poltrire il sabato sera sul divano piuttosto che uscire. Ma quando c’è l’alcol di mezzo, allora non si parla più d’abitudini ma di modo d’essere, d’essenza, di anima. Chiunque, davanti alla lista dei drink, pur leggendola tutta finisce sempre per prendere il solito, dai momenti per festeggiare a quelli a rischio coma etilico per dimenticare. Non a caso, a ogni drink corrisponde il suo fedele bevitore:

LO SPRITZ
Il bevitore di Spritz conduce una vita semplice, quanto gli ingredienti dello stesso: lavoro, cibo e Spritz, non necessariamente in quest’ordine. E se per il cristianesimo non esiste Dio al di fuori di Me, per il bevitore di Spritz non esiste altra bevanda al di fuori dello stesso. Che sia a colazione coi Kellog’s ai cinque cereali, o a pranzo dalla mamma coi pizzoccheri o, perché no, a una cena formale ed elegante con Barack Obama, lo spritzettaro se ne uscirà sempre e comunque fuori con: «Oh ma, uno Spritz?»

LO SBAGLIATO
Una volta preso uno Sbagliato non c’è via di ritorno: nel senso, una volta bevuto o si chiama il 118, altrimenti si rimane lì al bar a far compagnia alle sedie fino all’alba. Chi beve lo Sbagliato sa perfettamente di aver sbagliato qualcosa durante la giornata o, meglio, proprio nella vita in generale, perché altrimenti non ci sarebbe altra spiegazione logica nel volere coscientemente perdere i sensi dopo due sorsi e finire per avere le sembianze dell’Estasi di Santa Teresa.

IL GIN TONIC
Trasparente quanto il drink, il bevitore di Gin Tonic pensa che la trasparenza dell’alcol possa emulare quella dell’acqua: infatti non si ferma mai a uno. Il primo è l’assaggio, il secondo la degustazione, il terzo e il quarto perché no. L’accanito di Gin si presenta, molto spesso, inizialmente pacato e ordinato: parte parlando del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, finendo, irrimediabilmente, a provarci pure col bancone annoverando neologismi che nemmeno Luca Giurato. A inizio stagione estiva il bevitore trascende dal tonic e si dà al lemon, constatando: «Sa di limonata, così mi rinfresca». Così lo rinfresca, dice. Alle 10 di mattina.

IL SEX ON THE BEACH
Temerario quanto Cristina d’Avena, lui non ci sta a mollarsi i primi anni 2000 alle spalle: con in testa ancora i Tokio Hotel al Festivalbar, il bevitore di Sex On The Beach si ostina imperterrito a prenderlo sempre e comunque: sempre e comunque. A volte messo in imbarazzo per il tradizionalismo adolescenziale, si decide finalmente di cambiare epoca e lascia tutti interdetti chiedendo al barista di fargli un Angelo Azzurro.

L’ANALCOLICO
Schernito come gli appestati da Renzo e Lucia ne I Promessi Sposi, ogni compagnia d’amici annovera lui, l’innominato, il caffè senza zucchero, la carbonara con la panna: l’astemio. Il non bevitore d’alcol sa perfettamente di stare sulle palle e si nasconde; se potesse ordinare l’analcolico alla frutta per mail, lo farebbe senz’altro. L’astemio potrebbe bere ma preferisce un succo di frutta perché ha già tutto quello che ha sempre desiderato: un buon lavoro, una persona accanto poco cagacazzo, nessuno spoiler dell’ultima stagione di Game of Thrones. All’astemio l’alcol non serve ed ecco perché infastidisce. E così come non necessita d’alcol, nessuno ha bisogno di un astemio come amico. Nessuno.

Credit immagine di copertina

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