La mia quarantena è iniziata il 24 febbraio. All’inizio mi sono sentita spiazzata, spaesata e alienata: come farò ora senza i miei alunni? Sticazzi, si sopravvive, direte voi. Svolgendo una professione fatta di relazioni sociali ed empatia come quella dell’insegnante, ho però sentito vacillare la terra sotto i piedi. Mi sono seduta a riflettere e mi sono chiesta: cosa posso fare io per stare vicina ai miei marmocchi, per rassicurarli e non farli sentire abbandonati a se stessi? Quello che so fare meglio: far sentire loro che ci sono, e non solo con la didattica e l’insegnamento a distanza. Riempire le loro mattinate esattamente come facevo prima che il virus ci allontanasse. Tutto bellissimo, poi sono arrivate le lezioni via webcam.
La mia vita è diventata un pendolo che oscilla tra videolezioni in diretta, verifiche in modalità istantanea, interrogazioni, registrazioni vocali e presentazioni in power point degne della NASA. Il tempo passato davanti al pc è decuplicato, gli occhi si sono arrossati e il mal di testa è diventato una costante. Pazienza. È il prezzo da pagare vista la situazione. Ovviamente ci è voluto un po’ per entrare nel meccanismo dello smart learning, sia per me che per gli alunni, e gli incidenti di percorso non sono mancati: tanti piccoli aneddoti che hanno rallegrato le mie giornate…
C’è stato R che, al primissimo collegamento della primissima videolezione, ha tirato un porcone in diretta. Se il buongiorno si vede dal mattino…
Poi K, quasi sempre assente, e se presente addormentato. Letteralmente (tanto senza webcam né microfono come fa a capirlo la Prof? Eh, sei furbo solo tu).
Quella leccaculo di G, che ogni giorno mi dice: “com’è bella oggi Prof!”. Sì, certo, una cessa a pedali versione quarantena. Per favore…
Poi A sempre in ritardo, scombussolato dal jet lag della quarantena. Porello.
F che o toppa le scadenze, o non mi consegna i compiti assegnati e mi chiede spiegazioni via mail delle dimenticanze che le ho segnato a registro. Questa farà politica, sicuro.
R che chiede se può fare colazione perché non è riuscita a farla prima. Ma certo, il latte lo vuoi macchiato caldo o freddo?
G che non si fa vedere in video perché ha ancora su il pigiama rosa confetto che le ha regalato la nonna, ma i primi secondi dimentica la cam accesa. SERENA, NON LO HA VISTO NESSUNO.
Poi c’è L, sempre impeccabile: in camicia anche in casa. Vero Imbruttito.
C’è stato A che mi ha chiesto scusa perché si è accorto che sua sorella ha scritto sotto i compiti che mi ha consegnato: “ho sparato tutto a caso ahahahahahah”. Infame.
Un altro A. che ha copiato tutta la tesina su internet e crede che io non me ne sia accorta. Non mi freghi.
Poi ci sono i tanti (furbetti) che sono miracolosamente diventati dei geni dell’analisi del periodo. Bello cercare online, eh?
L’interrogazione a M con special guest la mamma che suggerisce in sottofondo. Signora la sento.
Poi c’è stato l’inseguimento ad A via mail, senza successo. Disperso. Chi l’ha visto? Sarà il caso di chiamare la Sciarelli?
Poi c’è A (oh, tutti A, che vi devo dire) che, sfrontato e sfacciato come pochi, mi chiede: “Prof. ma quindi quest’anno saremo tutti promossi?” ECCALLÀ! Lo sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento… Sì, ma non fatemi incazzare.
Poi c’è stata A (giuro, di nuovo A) abbastanza lavativa e con poca voglia di fare, che però un giorno mi ha spiazzata dicendomi: “Ma Prof, cosa le facciamo a fare le vacanze di Pasqua? Tanto siamo tutti costretti a stare in casa… Almeno lei ci riempiva le giornate!”. SO’ SODDISFAZIONI!
E infine L, che mi ha inviato questo messaggio il giorno di Pasqua:
“buona pasqua proff e teniamo duro che ce la facciamo”.
Sì, ragazzi, teniamo duro che ce la facciamo… Però Pasqua maiuscolo cazzo!
Articolo scritto da Martina Cantamessa
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