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Lifestyle
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Gite, gite e ancora gite. Per molti Imbruttiti l’estate 2020 sta trascorrendo all’insegna del planning. Un labirinto tra videocall in smart working e la ricerca matta e disperatissima di nuovi itinerari. Una continua battaglia stradale per evitare code e, soprattutto, dribblare i giargianici assembramenti.

Dopo approfondite ricerche può succedere però di svegliarsi una domenica con il mood zero sbatti. Ok, va bene non restare a rosolare in città sul divano già consumato dal lungo lockdown, ma nemmeno mettersi in viaggio per Inculonia (o Inculandia).

La soluzione è a portata di mano, meno di 40 km da Piazza Duomo secondo Google Maps. Si chiama Montevecchia, in provincia di Lecco. Muntavégia in dialetto brianzolo.

Parcheggiamo la macchina ai piedi di una ripida collina e ci inerpichiamo verso il borgo di Montevecchia Alta. Arrivati quasi in cima notiamo la lunga scalinata che porta al Santuario della Beata Vergine del Carmelo. Qui, dopo parecchi gradini e con il fiatone, riusciamo finalmente a comprendere perchè questo luogo è soprannominato il Monte di Milano. Senza panorama…

Per chi non si stanca facilmente i dintorni pullulano di passeggiate. Il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone offre la bellezza di 11 sentieri percorribili anche a cavallo o con la mountain bike (qui i dettagli per scoprirli e sbizzarrirsi).

Passeggiando tra le colline è impossibile non notare le vaste coltivazioni di erbe aromatiche. La salvia e il rosmarino di Montevecchia sono riconosciuti come PAT, che sta per Prodotti Agroalimentari Tradizionali Lombardi. Stesso titolo spetta ai furmagétt de Muntavégia (o furmagétt de faciröla), tipici formaggini freschi di latte vaccino. Si possono innafiare con un bel calice di Pincianèl, vino rosso molto beverino tipico dell’Alta Brianza. Quando si mangia e si beve va sempre bene, ma anche la curiosità vuole la sua parte. Il nome Pincianell deriva dal brianzolo Pinciroeu, ossia l’acino dell’uva.

Rimanendo in tema etimologia, l’origine del nome Montevecchia è oggetto di discussione. Qualcuno lo associa a una fortificazione romana posta sulla sommità, dove ora sorge il Santuario (Mons Vigiliae, ossia monte delle vedette). Altri pensano invece che derivi dal celtico, Owignya od Owikya, dalla presenza di pecore, agnelli o cervi, che dopo lunghi secoli i brianzoli hanno tradotto in Vegia. Sarebbe stato poi aggiunto il termine latino mont(em).

Durante la nostra domenica zero sbatti non vogliamo però farci venire il mal di testa ragionando di queste questioni. Non possiamo però ignorare il mistero legato alle piramidi di Montevecchia.

Si tratta di tre formazioni collinari. Tutti le hanno sempre considerate, appunto, come delle normali colline ricoperte di vegetazione. Fino a quando nel 2001, grazie ad un’osservazione satellitare, l’architetto Vincenzo Di Gregorio scoprì che sono simili per disposizione e orientamento alle piramidi egizie della Piana di Giza. Le piramidi di Montevecchia sarebbero state modellate dall’uomo e utilizzate come siti astronomici e sacrali.

Secondo il ricercatore, qui sorgeva un sito astronomico utilizzato dai Celti ancor prima dell’arrivo dei Romani e, secondo i calcoli, le piramidi potrebbero essere state costruite dai 3 ai 10mila anni fa.

Non sappiamo cosa sia realmente accaduto, ma sicuramente abbiamo validi argomenti per le stories. Tornare a Milano fantasticando sui riti pagani delle civiltà pre-brianzole e i loro misteriosi riti ci fa anche sorridere e sentire un po’ protagonisti di una puntata di Voyager di Roberto Giacobbo.

Arriviamo a casa in tempo per una doccia e l’aperitivo. Gita zero sbatti? Montevecchia!

Quella delle terrazze di Montevecchia è tra le più belle posizioni della Brianza: uno spalto altissimo, un balcone che si erge, fuori dalle nebbie, e si affaccia dritto a sud; nelle giornate di vento si vede dalla Cisa al Monte Rosa. […] Alti monti la difendono dalle tramontane. Le brume, le nebbie, che salgono dalle pianure e dai laghi la sfiorano fruttuosamente: è chiaro, oramai, che il vino più delicato e squisito deriva sempre da uve mature al limite estremo delle condizioni climatiche e geoponiche necessarie alla vite

(Mario Soldati)

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