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Ma quindi, lo smart working è un’opportunità per il futuro o un salvagente temporaneo?

Raga, inutile girarci intorno: mettete a lavare tute e abbigliamento casalingo perché continueremo a lavorare da remoto ancora per parecchio tempo. Che lo smart working vi piaccia oppure no, il decreto ministeriale del 19 ottobre e il DPCM del 24 ottobre stanno fortemente incoraggiando i datori di lavoro a perseverare con il lavoro da casa […]

Raga, inutile girarci intorno: mettete a lavare tute e abbigliamento casalingo perché continueremo a lavorare da remoto ancora per parecchio tempo. Che lo smart working vi piaccia oppure no, il decreto ministeriale del 19 ottobre e il DPCM del 24 ottobre stanno fortemente incoraggiando i datori di lavoro a perseverare con il lavoro da casa (e chissà cosa prevederanno i prossimi). Ma facciamo un bel recap della situation, anche prendendo spunto da una puntuale analisi de Il Post.

All’inizio, nei confronti del lavoro agile, in molti avevano dei pregiudizi, come se sbattersi da casa equivalesse a un cazzeggio ben pagato. In questa trappola ci era cascato pure il sindaco Sala, pesantemente redarguito per aver osato dire “Basta smart working, torniamo al lavoro”. Poi, in fase di lockdown, molte aziende hanno rivalutato il lavoro agile, unico modo per salvarsi le chiappe in un momento di grave crisi sanitaria ed economica.

I numeri lo confermano: secondo una recente ricerca pubblicata da Microsoft, la percentuale di imprese italiane che ha adottato il lavoro flessibile è passata dal 15% del 2019 al 77% attuale. Se da un lato ci sono le piccole imprese che considerano il lavoro da remoto una risorsa temporanea, dall’altra molte aziende si sono portate a casa la consapevolezza che lo smart working funziona, e pure bene.

Sempre secondo la ricerca di Microsoft, l’87% degli italiani ha infatti riscontrato una produttività pari o superiore rispetto a quando lavorava in ufficio. Del resto i tempi sono ottimizzati, manca lo sbatti di farsi un’ora in tangenziale o sui mezzi, paradossalmente ci si impegna di più. Stando allo studio di Microsoft, condotto tra 600 manager e dipendenti di grandi imprese italiane, il 66% dei lavoratori vorrebbe lavorare da casa almeno un giorno alla settimana anche dopo la pandemia e l’88% dei manager ha intenzione di trovare soluzioni di lavoro ibride nel futuro. 

In sostanza, per riassumere in maniera spicciola la visione generale di dipendenti e datori, lo smart working va bene, funziona, figata. Ma… fino a un certo punto. Lavorare da casa può essere molto comodo, ma al contempo le video call possono risultare stressanti, lavorare con partner e figli nella stessa casa è una nota rottura di balle e la mancanza di socializzazione con i colleghi è una brutta bestia. Quindi sì… ma anche meno.

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