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Ca’ Granda? Mmmbuona questa Ca’ Granda! Oggi prendiamo in prestito l’inganno della cadrega reso celebre da Aldo, Giovanni e Giacomo per introdurvi alla storia di uno degli edifici più simbolici della città di Milano. Ironie e assonanze a parte, la Ca’ Granda è, per molti milanesi, importante quasi quanto il Duomo, il Castello Sforzesco o l’Arco della Pace. Per questo merita un racconto, ovviamente in stile Imbruttito.

Come ci ricorda Wikipedia la Ca’ Granda – già sede dell’Ospedale Maggiore di Milano – è un edificio rinascimentale situato tra via Francesco Sforza, via Laghetto e via Festa del Perdono, a ridosso della basilica di San Nazaro in Brolo.

Oggi la Ca’ Granda ospita l’Università degli Studi di Milano. Infatti, andare in Festa del Perdono è un must per molti studenti milanesi, specialmente gli immatricolati alle facoltà umanistiche. Questo perché l’ingresso principale della Statale (o UniMI) affaccia proprio su via Festa del Perdono. Fin qui tutto easy..

Dovete sapere che, per il progettino iniziale, il Duca di Milano Francesco Sforza chiamò a Milano tal Antonio Averulino, detto Filarete, noto architetto fiorentino. Il Filarete era raccomandato nientepopodimeno che da Cosimo De’ Medici (sì Imbruttiti, avete una buona memoria, è lo stesso Filarete del Castello Sforzesco, ve ne abbiamo parlato qui).

Il sciur Sforza voleva dotare la città di un unico grande ospedale per il ricovero e la cura dei malati. Sino ad allora, infatti, gli infermi venivano ospitati in vari ospizi sparsi per la città. Magna Domus Hospitalis, una grande struttura, in dialetto, appunto, Ca’ Granda. Scopriamo quindi che il concetto di hub sanitario esisteva già nella seconda metà del Quattrocento!

Francesco Sforza donò un prestigioso palazzo e tutta l’ampia area di terreno circostante destinata alla costruzione dell’ospedale. Il 12 aprile 1456 avvenne la posa della prima pietra. In pieno centro città, d’altronde stiamo parlando del TOP dell’epoca, il Duca in persona!

Il progetto prevedeva una piazza centrale attraversata da edifici formanti una croce. Ogni ala della croce era riservata a una malattia, come una moderna suddivisione in reparti specialistici. Tutti i bracci convergevano, ovviamente, al centro della croce. Lì sorgeva una cappella e i pazienti potevano così pregare e partecipare alla Messa: un affascinante mix di architettura, scienza, sacro e profano.

A seguito della caduta della dinastia sforzesca i lavori si arrestarono completamente per mancanza di fondi. Il cantiere riaprì nel XVII secolo grazie ai danè donati da Giovan Pietro Carcano, banchiere e commerciante di lane, che permisero di portare a termine la parte centrale dell’Ospedale. Il tutto sotto la direzione dell’architetto Francesco Maria Richini. A quell’epoca risalgono il monumentale ingresso a tre porte e il grande cortile centrale.

Sorsero quindi la Chiesa dedicata alla Beata Vergine Annunciata e la cripta sottostante. La cripta nei secoli diventò ossario per i morti dell’ospedale. Ospitò anche i corpi dei caduti delle Cinque Giornate di Milano. I resti ora si trovano al monumento appositamente costruito nella piazza omonima (essendo sempre sul pezzo, ne abbiamo già parlato qui).

Il completamento degli edifici avvenne nel 1805, grazie a una cospicua donazione del notaio Giuseppe Macchi.

Nel corso dei secoli l’Ospedale è stato in grado di gestire il proprio patrimonio rurale (cascine e terreni) traendone le risorse finanziare necessarie a sostenere l’attività assistenziale e medica. Non solo. Dalle proprietà si ottenevano legna per il riscaldamento, latte, formaggio e carne per i pasti dei degenti. La ghiaia delle sponde del Ticino veniva venduta per arrotondare. Salute e fatturato!

I documenti relativi al patrimonio rurale sono conservati presso l’Archivio storico della Ca’ Granda, luogo del cuore per il FAI, particolarmente suggestivo da visitare. Al suo interno sono custoditi anche migliaia di documenti storici relativi all’amministrazione ospedaliera. Il pezzo più pregiato è sicuramente l’atto di fondazione dell’ospedale con autografo del Duca Francesco Sforza. In archivio troviamo anche alcune lettere firmate da personaggi illustri fra i quali Napoleone e Leopardi.

A fine Ottocento l’edificio della Ca’ Granda non rispondeva più alle nuove esigenze sanitarie e di igiene. Grazie alle donazioni di nuovi benefattori partirono i lavori per la costruzione dei nuovi padiglioni dell’Ospedale al di là del naviglio (oggi via Francesco Sforza).

Nel 1935 il Comune di Milano acquistò l’edificio filaretiano e alcune aree circostanti, per il prezzo complessivo di 20 milioni di lire. Gli accordi prevedevano di lasciare all’ospedale, in perpetuo, il godimento di una parte dell’edificio per ospitare gli uffici amministrativi dell’Ente. 

L’Ospedale Maggiore ha mantenuto la sua sede presso la Ca’ Granda fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Già nel 1940 erano in atto i lavori di adeguamento del complesso alla nuova funzione universitaria individuata dal comune, ma i bombardamenti danneggiarono l’edificio e fu necessario ripensare l’intervento da zero.

La ricostruzione post-bellica fu un lavoro senza sosta che portò, nel 1958, all’inaugurazione della nuova sede dell’Università degli Studi di Milano.

Sì, ma l’Imbruttito, da buon Alberto Angela in versione milanese, non racconta solo la storia. Dispensa curiosità utili a comprendere il presente.

Tipo, ma perché la fermata della lilla è da tutt’altra parte rispetto allo storico edificio? Tra Istria e Bicocca, ben fuori dalla cerchia dei Bastioni, sorge infatti una stazione del metrò chiamata proprio Ca’ Granda. La risposta più banale è perché lì, proprio vicino all’uscita dalla metro, Viale Fulvio Testi incrocia Viale Ca’ Granda. Già, ma percorrendo fino in fondo questo Viale si arriva a un altro ospedale. Non è un caso…

Quello che oggi è denominato Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, sino al 2017 si chiamava Ospedale Niguarda Ca’ Granda. Il precedente nome derivava dal legame amministrativo con l’Ospedale Maggiore Ca’ Granda, il più antico ospedale di Milano del quale abbiamo a lungo parlato.

Già, ma è ora di tornare in centro a fatturare. Perché via Festa del Perdono si chiama proprio così? Per adesso vi basti sapere che festeggiamo questa ricorrenza dal 1459, anno in cui Papa Pio II la istituì per incentivare la beneficenza nei confronti dell’Ospedale. Il resto ve lo racconteremo, forse, nella prossima puntata di Meraviglie F205!

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