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“Diritto alla disconnessione per i lavoratori da remoto: mai più email alle 9 di sera”, propone l’Europa

Quante volte vi è capitato di staccare con il lavoro, pregustandovi il meritato relax, magari doccetta, aperitivo, divanata e ciao mondo… e ritrovarvi un’improvvisa mail del capo che vi chiede un ultimo impegno? O magari una chiamata mentre siamo in ammollo nella vasca, una rottura di balle mentre usciamo per una corsetta. Il classico merdone […]

Quante volte vi è capitato di staccare con il lavoro, pregustandovi il meritato relax, magari doccetta, aperitivo, divanata e ciao mondo… e ritrovarvi un’improvvisa mail del capo che vi chiede un ultimo impegno? O magari una chiamata mentre siamo in ammollo nella vasca, una rottura di balle mentre usciamo per una corsetta. Il classico merdone dell’ultimo momento, in sostanza, che vi costringe a straordinari non graditi e magari non pagati. Con lo smart working, poi, questa menata sembra essere all’ordine del giorno.

Alcuni Imbruttiti non riescono mai a staccare completamente e loro malgrado sono sempre a disposizione per improvvise incombenze. Che due maroni, no? Bè, una soluzione a questo problema potrebbe arrivare presto. Il Parlamento UE ha approvato una risoluzione che introduce il diritto a disconnettersi una volta terminato l’orario di lavoro. Una volta abbassata la serranda virtuale… adios mondo! “Il problema non è tanto la mail ricevuta alle 8 di sera da parte del capo alla quale dovremmo rispondere. Ma sono le ripercussioni di una nostra mancata risposta, per questo motivo è importante il riconoscimento del diritto alla disconnessione”, ha commentato ad HuffPost Rosita Zucaro, giuslavorista, docente e coordinatrice del Master in Management del welfare presso l’Università Ca’ Foscari Venezia. 

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Eh sì, perché potremmo semplicemente non rispondere. Ignorare le mail, buttare giù le telefonate. E invece, spesso, non lo facciamo. Ci pieghiamo alle richieste extra per non causare malcontenti, per tenerci stretto un lavoro che, magari, abbiamo conquistato a fatica. Tempi duri, questi. Al momento non esiste ancora alcuna legislazione a livello europeo sul diritto alla disconnessione: la risoluzione appena approvata in Parlamento (472 voti a favore, 126 contrari e 83 astenuti) è quindi una gran cosa, un bel punto di svolta perché a questa è seguita una proposta di direttiva che verrà discussa dalla Commissione Ue.

Ma questo diritto, in sostanza, cosa comporta? Lo ha spiegato l’onorevole maltese Alex Agius Saliba, promotore della risoluzione. Verranno messi in atto alcuni strumenti in grado di tutelare il tempo libero dei dipendenti, come ad esempio la registrazione del tempo di lavoro, anche da remoto. “Non sarà il lavoratore a dover dimostrare che c’è stata una discriminazione, ma sarà il datore di lavoro a fornire le prove che non ci sia stata. È un sistema che dà più protezione”. 

Già, serve protezione. Anche perché l’impossibilità di staccare davvero dal lavoro sta provocando un aumento di problemi di salute mentale. “Ci sono casi di esaurimento, di pressione, di solitudine. Nell’ultimo anno il 40% dei lavoratori per la prima volta hanno sperimentato lo smart working. Secondo l’agenzia europea Eurofound il 38% dei teleworkers dichiarano di lavorare durante il tempo libero. Mentre nel caso di dipendenti che si recano in ufficio, questo è dichiarato solo dal 5% degli intervistati. E se guardiamo al mondo post pandemia, lo smart working non farà che aumentare. Dobbiamo essere preparati”. 

Non ci resta che augurarci che il diritto alla disconnessione diventi presto realtà. In modo che i capi furbetti che fino ad ora hanno approfittato troppo della nostra disponibilità, inizino a tenere giù le mani dal nostro sacro e inviolabile tempo libero.

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