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Editorial
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Sono diverse sere che crollo a letto sfinita come se avessi corso la maratona di New York su una gamba sola. Uno sfacelo. Lì per lì non ci ho fatto caso, ma chiacchierando con amici vari mi sono resa conto che questo senso di stanchezza e sbattimento estremo è comune un po' a tutti e per tutti nasce dal troppo lavoro. Che si tratti di creativi, ragionieri, social media manager, quel che l'è... poco importa. Sembriamo tutti sfiniti dalla mole di incombenze professionali. In effetti quando arriva sera sono ancora lì che smanetto sul Mac, poi mangio una roba e crollo. Ma era così anche prima? No, mi pare di no. E allora... che è successo?

Giusto per fare qualcosa di diverso ho approfondito un po' questo feeling con i miei simili. Adulti che lavorano. Da casa o in ufficio, è l'istess. É venuto fuori che sì, molti di noi si stanno effettivamente sbattendo di più di quanto non facessero prima della pandemia. E i motivi sono diversi. Provate a vedere se vi ci ritrovate, che mal comune mezzo gaudio, come si dice. 

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Noia. Per quanto mi riguarda questo burnout me lo sto andando a cercare da sola, mio malgrado. Che pirla. Ogni giorno sbrigo i compiti che devo portare a termine, poi già che ci sono inizio a portarmi avanti con gli obiettivi del giorno dopo. "Così magari domani ho più tempo per rilassarmi", penso. E invece no. Il giorno dopo non approfitto del tempo libero guadagnato ma mi porto avanti per il lavoro del giorno successivo. E così in loop. Alla fine mi ritrovo a lavorare fino a sera come un criceto senza che qualcuno me l'abbia chiesto, portandomi avanti in continuazione per godere di una giornata libera che però non arriverà mai. La noia colpisce per lo più chi fa smart working: non ci sono i colleghi con i quali chiacchierare, non c'è la pausa pranzo che spezza, non c'è il caffettino alla macchinetta. Ci si annoia e quindi da buoni Imbruttiti che si fa? Si fattura, claro.

Più lavoro. Oh, c'è chi effettivamente ha più lavoro del pre pandemia. Penso, ad esempio, a chi si occupa di e-commerce. Ciaone. C'è da dire che per molte imprese virare sull’online ha significato poter continuare a esistere nonostante l’assenza di clienti in-store, quindi anche menomale. Snoccioliamo due dati, va: secondo i dati dell’Osservatorio e-commerce B2c, nel 2020 in Italia l’e-commerce ha raggiunto un valore di circa 22,7 miliardi di euro, (+4,7 miliardi) rispetto al 2019: un tasso di crescita del 26%. Mi pare comprensibile, quindi, che chi lavora in questo settore stia sgobbando non poco. É la grana, bellezza.

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Sempre a disposizione. Uno dei motivi per il quale lavoriamo di più riguarda ancora una volta lo smart working. Per alcuni datori di lavoro il fatto di trovarci sempre a casa (e grazie, dove dovremmo andare) ad ammazzarci di Netflix, pilates e pizze fatte in casa, ci rende sempre reperibili anche fuori dai nostri orari (e giorni) di lavoro. E così vuoi la chiamata, vuoi la mail, vuoi la video call, vuoi il palo dell'ultimo minuto. Pre pandemia avevamo una vita, e una valanga di scuse plausibili per rifiutare (e ci mancherebbe) il lavoro extra. Adesso invece... ok, potremmo comunque sfanculare il nostro capo. Ma spesso non lo facciamo.

Del resto oh, mica lo dico io che in smart working si lavora di più, lo dicono quelli seri: uno studio della Harvard Business School e della New York University ha confermato questa sensazione. Da quando ci siamo rinchiusi tra le mura di casa sono aumentate le email, le riunioni, i cazzi da risolvere e l’orario di lavoro si è inevitabilmente allungato. Che rottura di balle. Lavorando da remoto abbiamo un numero maggiore di passaggi da gestire (più telefonate e più email, per esempio). Dallo studio è venuto fuori che le email inviate e ricevute al di fuori dell’orario di lavoro sono aumentate dell’8%. Quindi se vi sembra di lavorare di più, molto probabilmente è così. Ma andiamo avanti.

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Siamo più lenti. Questo periodo meraviglioso e infinito segnato dal Covid ci sta caricando di un bel peso sulle spalle: ansia, preoccupazione, stress, sbattimenti di ogni genere. Peso che spesso si ripercuote sul lavoro, rendendoci più sbiaditi, offuscati, lenti, stanchi e affannati. Delle merde, per essere chiari. La colpa è del virus, ovviamente, e della conseguente mancanza di stimoli. La nostra vita (molto spesso) si riduce al lavoro e a poco altro. Ogni giornata inizia e finisce nello stesso modo, quasi fossimo Bill Murray in Ricomincio da capo. Non possiamo andare al ristorante, al bar, in discoteca, non possiamo viaggiare, nemmeno andare a trovare degli amici se la zona è rossa. E quindi a casa che si fa? Il tempo delle pizze homemade è finito: ora lavoriamo e poco altro, nell'attesa che in fondo al tunnel spunti una lucina a risvegliare in noi un briciolo di entusiasmo.

Distrazioni. Chi lavora a casa rischia di distrarsi di più, c'è poco da fare. Sei lì che scribacchi al pc quando le due dita di polvere sulla mensola iniziano a fissarti con insistenza. Vuoi mica lasciarle lì a moltiplicarsi fino a Natale? E poi magari approfittiamo per fare la lavatrice, buttare la spazzatura, farci una doccia. E se abbiamo un partner o magari dei nani al seguito, ciaone. E cambia i pannolini, e aiutali con i compiti, e metti Baby Shark per la ventesima volta... cioè va bene essere multitasking, ma non esageriamo.

Solo una sensazione? Oh, magari lavoriamo quanto prima, o qualcuno persino meno. Eppure... la stanchezza mentale fa sembrare la mole di lavoro triplicata rispetto al pre pandemia. Insomma raga, che la sensazione di sgobbare troppo sia vera o percepita, abbiamo bisogno tutti di ossigenare un po' il cervello. Ok il fatturato, ma così è davvero too much.

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