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Editorial
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Sapete cos’è settembre? È quella zia che vedi una volta all’anno e ti chiede quando metterai su famiglia o se per caso sei ingrassata.

Insomma, settembre più che un mese è un cumulo d’ansie suddivise in buoni propositi giornalieri. Tra tutti, il ritorno in palestra è sicuramente quello più famoso e condiviso.

Un proposito senza dubbio ottimo ma destinato, nel mio caso, a diventare una donazione libera alla palestra.

Se avessi il rimborso per ogni volta che ho sottoscritto un abbonamento a un corso o a una sala pesi senza esserci andata, sarei  – sempre fuori forma – ma almeno più ricca.

Incredibilmente, l’anno scorso ho rotto questa tradizione poco redditizia: finalmente ho trovato il mio sport, quello che mi fa venire voglia di andare a tutti gli allenamenti. E giuro, non l’ho più mollato.

Mentre tutti i miei coetanei accendevano mutui, si sposavano e si abbonavano in palestra senza andarci, io ho iniziato a giocare a rugby.

Una persona dopo i 30 anni dovrebbe cominciare a pensare al fondo pensione o imparare a compilare la dichiarazione dei redditi.

Io invece, ho iniziato a passare la palla indietro, a placcare e a prendere un sacco di botte.

Ma la genesi di questo disastro risale a più di 25 anni fa.

Sono nata e cresciuta in Veneto, quella che in termini rugbistici è la Nuova Zelanda d’Italia.

Eppure ho dovuto aspettare quasi due decenni per poter giocare a rugby.

A metà degli anni ‘90 non esistevano squadre femminili di rugby, o meglio, non erano così diffuse. La più vicina a casa mia era a 40 Km.

E se questa era la situazione in Veneto, immaginatevi nelle altre regioni.

Alla fine mi sono iscritta a danza, pallavolo e nuoto celebrando la mediocrità delle mie performance sportive e dando inizio al rito dell’iscrizione in palestra a settembre e della disfatta prima del periodo natalizio.

Ora siamo nel 2022 e fortunatamente le cose sono cambiate.

Oggi, le bambine hanno molto più scelte e possibilità di sperimentare e provare moltissimi sport. 

Per capirsi, a Milano c’è la squadra di Quidditch, ma questa è un’altra storia.

Se l’ansia dell’ennesimo abbonamento a GAG, Hydrospin o Crossfit ti sta schiacciando, forse è il caso che allarghi i tuoi orizzonti perché Milangeles può offrirti molto di più. 

Me lo sono fatto raccontare da chi questo di più lo conosce bene: ragazze che praticano sport di squadra che vent’anni fa erano difficilmente accessibili e ora li abbiamo tutti qui, nella city.

 

  • IL FOOTBALL AMERICANO DI NAUSICAA
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A che età hai iniziato a giocare a Football?

Ho scoperto il football americano a 16 anni, ero una delle cheerleader della squadra maschile di Milano, i Seamen. Oltre a fare le competizioni di cheerleading, nel weekend dovevamo fare il tifo per la squadra... A volte penso che la società ci voglia sempre un po' così nell'ambiente sportivo: le donne devono stare a bordo campo a gridare per glorificare i maschi. A un certo punto ho deciso che il bordo non mi bastava più: volevo scendere in campo. Vedevo i ragazzi correre, placcare, bloccare e ricevere, mi veniva la pelle d'oca… volevo provare.

Mi son guardata intorno e ho chiesto ad alcune ragazze se volessero giocare. Una di queste era  Valeria, la figlia di un coach dei Seamen e sorella del quarterback. Anche lei aveva sempre voluto giocare.

Da quel momento abbiamo cercato altre ragazze con la nostra stessa passione. E abbiamo trovato altre pazzeh come noi, perché stavamo per rompere uno status quo che esisteva dagli anni ‘80: le donne non avevano mai giocato a football americano in Italia

Siamo andate dal presidente della società, gli abbiamo proposto di creare la prima squadra di football femminile e lui ci ha riso in faccia dicendo che ci saremmo fatte troppo male. 

Siamo andate via da quell'ufficio senza ascoltarlo e abbiamo chiesto al papà di Valeria di allenarci. Lui, non solo ci ha insegnato i fondamentali ma ha trovato un'altra squadra femminile che stava nascendo a Bologna. 

Abbiamo giocato una partita contro di loro e l'abbiamo vinta… a quel punto il presidente ha cambiato idea sulla nostra squadra e abbiamo dato vita al movimento femminile di football americano nella città di Milano.

11 anni dopo posso dirti che ho iniziato a giocare perché dentro di me ho sentito che fosse la cosa giusta... il football mi ha insegnato a vivere

 

Spiegaci cos’è il football, in modo che lo capisca anche un ossobuco.

Il football non è da confondere con il rugby. 

Noi abbiamo il casco e il paraspalle, il pallone è a forma di limone ed è più piccolo di quello da rugby. L'attacco e la difesa della stessa squadra non giocano mai contemporaneamente. L'attacco deve guadagnare terreno fino al touchdown e può farlo lanciando la palla in avanti o all'indietro. La difesa deve distruggere il gioco dell'attacco placcando il portatore di palla.

Il football americano esiste sia col contatto che senza, la secondo versione si chiama flag football.

 

Quanto ha influito il mito americano dei teen movie? Io sono cresciuta pensando che al liceo sarei uscita con un quarterback. Pensa la delusione quando ho capito che al massimo sarei uscita con uno che pensava di essere Goku.

Tanto, tantissimo.

Io sono uscita con il quarterback dei Seamen per 5 anni, quindi sicuramente ero affascinata sotto tanti aspetti da questo mondo… per una volta non ero più la cessa che mi sentivo al liceo, ma ero la cheerleader figa che si faceva notare, esattamente come nel più classico dei film.

Che consiglio daresti alle ragazze e alle bimbe che vogliono iniziare?

Nessuno se non di venire a provare!

 

Quanto è accessibile il football in Italia? 

Ci sono squadre di football americano in tutta Italia, sul sito della federazione fidaf.org si trovano tutte le realtà che esistono sul territorio.

 

La cosa più imbruttita che ti è capitata in campo?

Vincere lo scudetto segnando un touchdown con la maglia delle Sirene MILANOOOOOOOOOO: la mia città… l'è un gran Milan!

 

Se volete provare il football americano potete scrivere direttamente a Nausicaa su Instagram @nausicaadellorto oppure alle Sirene Milano @sirenemilano, la squadra in cui gioca. 

 

  • IL LACROSSE DI LUDOVICA
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A che età hai iniziato a giocare a lacrosse?

Ho iniziato a giocare a lacrosse a 21-22 anni. Ho sempre praticato sport fin da piccola, perlopiù individuali (nuoto, sci e tennis soprattutto).

 

Dove hai iniziato?

Sono nata, cresciuta e attualmente residente a Milano, quindi la mia passione per il lacrosse ha avuto origine proprio qui, grazie alla squadra Lacrosse Milano Baggataway.

 

Perché hai iniziato? Cosa ti ha spinta?

Dopo qualche anno di pallavolo, che per me è stata la prima vera disciplina di squadra, ero alla ricerca di uno sport che fosse stimolante da un punto di vista atletico ma anche veramente aggregante. Volevo una squadra con la S maiscuola.

Cercavo un ambiente dove fosse possibile fare parte di un gruppo coeso, dove ognuno potesse essere messo nella condizione, sia fisica che mentale, di dare il suo contributo e fare del suo meglio per un obiettivo comune.

Ho capito in breve tempo di aver trovato questo clima magico proprio nel lacrosse.

 

Spiegaci cos’è il lacrosse, in modo che lo capisca anche un carrello di Esselunga.

Il lacrosse è uno sport di squadra che prende alcuni tratti dal calcio e dal basket ma rimane unico nel suo genere. Si gioca 10 contro 10 su un campo simile a quello da calcio, con 2 porte triangolari posizionate a fondocampo. L’obiettivo è fare più gol della squadra avversaria; solitamente un team con un buon attacco segna più di 10 gol a partita.

La pallina è abbastanza piccola (come quella da tennis) ma pesante e viene passata tra i giocatori con una stecca (la racchetta con il retino). La pallina viaggia molto più velocemente di un atleta che corre, motivo per cui il gioco di squadra è davvero fondamentale.

Negli Stati Uniti si dice che il lacrosse è The Fastest Game on Two Feet e giuro che è così!

 

Che consiglio daresti alle ragazze e alle bimbe che vogliono iniziare?

Il consiglio che mi sento di dare è di farsi guidare dalla passione e dall’entusiasmo per lo sport.

Nel mondo del lacrosse, ora come ora, non ci sono traguardi o obiettivi irraggiungibili. L’impegno, la perseveranza e la voglia di divertirsi in gruppo possono davvero portare lontano: le Olimpiadi non sono un miraggio!

Cè un altro messaggio, più generale, che penso sia importante far passare.

Purtroppo in Italia manca una vera cultura dello sport, soprattutto al femminile. 

Ho sentito tante, troppe volte dire a bambine e ragazze che è meglio concentrarsi sullo studio senza distrarsi con altre attività.

Il tempo dedicato allo sport non è mai perso, anzi... è sempre prezioso per tutto quello ci insegna.

Non c’è modo migliore di uno sport di squadra per imparare a lavorare insieme, ad aiutarsi e spronarsi. È una grande bugia quella secondo cui sport e studio (o lavoro) non possono coesistere: non credeteci mai! 

Sicuramente ci saranno sacrifici da fare, ma alla fine ne varrà sempre la pena.

 

Quant’è accessibile il lacrosse in Italia? 

Purtroppo in Italia, come in altri paesi europei, il lacrosse non è così diffuso. Al momento ci sono squadre femminili attive a Milano, Bologna, Imola, Roma e Castelfranco Veneto. Non è facile far conoscere il lacrosse a nuove realtà, ma il nostro obiettivo è arrivare a coinvolgere via via sempre più ragazze in tutta Italia.

 

La cosa più imbruttita che ti è capitata, durante una partita o un allenamento?

La mia squadra Lacrosse Milano Baggataway ha un tasso di imbruttimento altissimo, soprattutto quando si tratta di far rispettare le regole.

A inizio stagione fissiamo una norma: se si è assenti, senza attrezzatura o in ritardo agli allenamenti e partite bisogna avvisare entro un certo orario utile.

Ogni volta che non viene rispettata questa regola, la giocatrice colpevole viene multata.

Ovviamente, le cifre delle multe sono simboliche e l’importo cambia in base all’infrazione (per esempio, non avere l’attrezzatura per la partita è più grave che non averla per l’allenamento).

Ogni mese raccogliamo tutti i soldi delle multe e a fine anno compriamo i materiali per la squadra. Insomma, si fattura sempre. Taac! 

 

Se volete provare il lacrosse, ecco i contatti: 
E-mail: lacrossemilanobaggataway@gmail.com
Sito: www.lacrossemilanobaggataway.com
Instagram: @lacrossemilanobaggataway

 

  • IL RUGBY DI MARTINA
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A che età hai iniziato a giocare a rugby?

Ho iniziato a giocare a rugby alla veneranda età di 28 anni. Ebbene sì, invece di darmi al padel ho deciso di mettermi a placcare.

 

Dove hai iniziato?

Ho iniziato a Milano con gli Amatori Union, la mia prima e unica squadra. Dopo 4 anni gioco ancora qui.

 

Perché hai iniziato? Cosa ti ha spinta?

Conoscevo già il rugby e da sempre mi affascinava. Ma in realtà ho iniziato un po’ per caso, o meglio per merito di mio figlio… a 5 anni ho iniziato a portarlo agli allenamenti, guardandolo in campo ho pensato “Quasi quasi inizio anch’io”. Ho provato e me ne sono subito innamorata… così tanto da fondare la squadra femminile.  Nel 2018, non esisteva la squadra della mia categoria, ho cominciato giocando con le old (nda la squadra di giocatrici che hanno superato l’età per l’agonismo). 

Appena ho capito che il rugby era lo sport che volevo fare, mi sono messa a cercare altre ragazze e abbiamo fondato la squadra femminile seniores. E quest’anno, dopo 4 anni dalla sua nascita, la nostra squadra giocherà per la prima volta il campionato di serie A.

 

Spiegaci cos’è il rugby, in modo che lo capisca anche il pavé di Porta Venezia.

Il rugby sono 80 minuti di gente che si ammassa e si spintona cercando di recuperare un pallone ovale.

Riesci a fare meta, cioè a mettere la palla oltre la linea dei pali, solo se tutte le tue compagne giocano con te. Il rugby è LO sport di squadra: non c’è l’individualismo e si raggiunge l’obiettivo solo se si gioca tutte insieme.

E poi, abbiamo la cosa più bella di tutte: dopo i due tempi regolamentari, c’è il terzo tempo

Il momento in cui si festeggia tutti insieme con i coach, la squadra e le avversarie. Ci si abbraccia e si brinda come se ci si conoscesse da anni. Questa è la magia del rugby.

 

Che consiglio daresti alle ragazze e alle bimbe che vogliono iniziare?

Iniziate da subito! Se cominciate a giocare a rugby fin da piccole avrete più tempo per poterlo praticare. Ovviamente potete cominciarlo a qualsiasi età, come ho fatto io (nda i feel you sister) ma mi rendo conto di avere molti rimpianti per non aver iniziato prima… purtroppo da piccola non ne ho avuto l’opportunità: vent’anni fa era impensabile che una bambina potesse giocare a rugby, sopratutto nella mia città natale. Quindi: buttatevi, non abbiate paura. A Milano è pieno di squadre per qualsiasi età.

 

Quant’è accessibile il rugby in Italia? 

Sicuramente, oggi è molto più facile trovare un club che accolga bambine, ragazzine e donne, rispetto a quando ero piccola. In generale, il rugby è meno diffuso rapportato ai più classici sport del mondo femminile, come la pallavolo o la danza. Le resistenze spesso legate al pregiudizio che il rugby sia uno sport da maschi, violento, troppo fisico, poco aggraziato e non adatto ad una signorina.  Però si stanno facendo grandissimi passi avanti rispetto al rugby femminile: le giocatrici in Italia sono sempre di più e ci si sta scrollando di dossi i vecchi retaggi.

 

La cosa più imbruttita che ti è capitata in campo?

Non è una cosa che mi è capitata ma descrive bene il livello di imbruttimento della mia squadra: abbiamo il Duomo e lo skyline di Milano stampati sulle nostre divise. 

Più imbruttite di così...

 

Se volete provare il rugby potete scrivere a:
@aumilanorugbyfemminile su Instagram
Oppure direttamente a me @taniume e Martina @marti.nastra
Vieni a giocare a rugby con noi, non lo lascerai più!

 

  • IL SOFTBALL DI GRETA
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A che età hai iniziato a giocare a softball?

Ho iniziato a 7 anni e non ho più smesso. Gli ultimi due anni di liceo li ho fatti all’accademia della MLB (nda l’accademia fondata dalla Major Baseball League dove coltivano i giovani talenti) a Livorno: la mattina studiavo e il pomeriggio mi allenavo. Grazie all’esperienza in accademia sono riuscita a vincere una borsa di studio per un collage americano dove mi sono laureata continuando a giocare a softball. Ho partecipato alle Olimpiadi con la nazionale… ora vivo in Giappone dove gioco nella Major League giapponese. Il softball è diventato il mio lavoro.

 

Dove hai iniziato?

Nella mia città, Bollate... sembra impossibile, ma a Bollate c’è una grandissima tradizione di baseball e softball da almeno 60 anni. Pensa che è la società di softball con più scudetti d’Italia. Tutt’ora io sono tesserata con il Bollate.

 

Perché hai iniziato? Cosa ti ha spinta?

È tutto merito delle mie zie. Entrambe giocavano a softball... erano anche in nazionale.

Da piccola mi vestivano da cheerleader e mi portavano a vedere le partite delle mie zie e quelle di mio zio che però giocava a baseball a Milano.

Tra l’altro a Milano c’è la squadra di baseball dove giocano anche Faso e Elio di Elio e Le Storie Tese!

 

Spiegaci cos’è il softball, in modo che lo capisca anche un tornello della metro.

Il softball è uno sport fantastico.

Il campo ha la forma di un diamante e la partita si divide in fase di attacco e difesa (inning). Una squadra è formata da 9 giocatori.

Durante un inning ogni squadra va sia in attacco che in difesa.

Ci sono 4 basi. L’attacco (la squadra con la mazza) deve battere la palla e fare il giro delle basi per segnare il punto. La difesa deve fare 3 eliminazioni per interrompere il gioco dell’attacco (chiudendo la base prima che il giocatore avversario arrivi o lanciando dei missili al battitore con la mazza).

I protagonisti dell’azione sono tre: il lanciatore che lancia la palla, il battitore che ha la mazza e il ricevitore, quello tutto bardato che sta dietro il battitore. 

Il softball è uno sport inclusivo… ci sono tanti ruoli che prevedono fisicità diverse in base all’obiettivo da raggiungere. E poi c’è spazio sia per il gioco di squadra che per l’ambizione personale… nel softball si difende come squadra ma si attacca in maniera individuale. 

 

E la differenza tra softball e baseball?

Nel softball il campo è un po’ più piccolo e le basi sono più vicine.

La palla che usiamo è più grossa ma meno pesante rispetto a quella da baseball e il lanciatore la lancia sempre da sotto, mai da sopra.

Le nostre partite durano la metà del tempo e il gioco è molto più veloce.

 

Che consiglio daresti alle ragazze e alle bimbe che vogliono iniziare?

Non pensateci troppo, venite a giocare a softball! Una volta che si prova non si smette più.

 

Quant’è accessibile il softball in Italia? 

Dipende molto dalla regione. Per esempio, in Lombardia ci sono moltissime squadre di softball femminile anche a livello agonistico (Caronno, Saronno, Milano, Bollate). In generale al Nord e al Centro, questo sport è abbastanza diffuso. Al Sud ci sono meno società di softball ma comunque stiamo provando a portare questo sport ovunque, partendo dalle scuole.

Anche perché fino ai 12 anni, bambini e bambine giocano insieme nelle stesse categorie.

 

La cosa più imbruttita che ti è capitata, in campo?

Giocavamo in casa a Bollate. Nella mia squadra giocano anche mia sorella e mia cugina. 

Era una partita tesa. L’arbitro era sulla base pronto a decidere chi si sarebbe salvato e chi no. Mia sorella era in difesa, carica per eliminare l’avversaria. L’arbitro sbaglia la valutazione e salva l’attaccante che invece andava eliminata... mia sorella gli urla in faccia “MAFFFFIGAAAAAA”. L'arbitro era di Parma ed è rimasto interdetto davanti all’urlo di mia sorella. 

 

Per provare il softball potete scrivere alla squadra di Greta:
Bollate Softball su Instagram @bollatesoftball1969. 
Se passate al campo di via Brescia 2 a Bollate, basta chiedere di Guido Soldi per ricevere tutte le informazioni.
Per Milano, basta contattare Tiziana Rombi allo 3497706515, il campo da softball è allo stadio Kennedy in via Alessio Olivieri 15.

 

Se come me volete smettere di vivere settembre con l’ansia di chi aspetta la sua fine, venite a provare uno di questi sport. 

Come dice il saggio: provare non costa nulla. Così se proprio non dovessero piacervi, almeno non avete investito in un anno di abbonamenti inutilizzati.

 

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