Dal 1 aprile 2024 lo smart working è tornato ad essere quello che era prima della pandemia. Un'eccezione. Il primo giorno del mese anche per i privati cadono le regole che erano state dettate dall'emergenza e quindi, chi ancora lavorava da casa, in questi giorni sta riprendendo il solito tran tran in office. Sono terminate, dunque, quelle procedure semplificate attivate durante il periodo della pandemia. Il ritorno al lavoro "live" riguarderà tutti, senza distinzione: anche i genitori con figli minori di 14 anni e i lavoratori fragili. Ovvio, l'azienda può decidere di accordarsi con i dipendenti e continuare lo smart working nelle modalità che riterrà opportune.
Perché, anche se da aprile molta gente ha dovuto dire definitivamente addio al lavoro da casa, è vero che in questi anni il numero dei lavoratori in smart working è moltiplicato, e siamo passati dai 570 mila del 2019 ai tre milioni e mezzo del 2023, e ai 3,65 milioni entro la fine del 2024, almeno secondo le stime dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Quindi oh, parliamo di un +541% dal periodo pre pandemia, anche se chiaramente siamo lontani dai picchi del 2020 e del 2021. Appare chiaro, dunque, che l'emergenza abbia portato ad un cambiamento che ancora oggi incide non solo sulle dinamiche lavorative, ma anche su desideri e priorità dei lavoratori. Specialmente dei più giovani.
Proprio i ragazzi della Gen Z hanno maturato in questi anni una visione del lavoro più libera, flessibile, magari meno impegnativa, ma comunque soddisfacente. A dirlo non siamo noi così a caz*o, ma varie indagini, tipo quella di Aidp (associazione dei direttori del personale) a una di Dell Technologies, come riportato da Repubblica: per il 63% della Generazione Z, lo smart working è una condizione non trattabile. Cosa che vale - in realtà - anche per molti Millennial.
Va detto però che lo smart working è sì comodo, consente di risparmiare money e sbattimenti, ma c'è anche un bel rovescio della medaglia. Secondo alcune indagini, tipo quella recente di Asus Business condotta da Astra Ricerche, il 47,8% dei lavoratori in smart lamenta l'impatto negativo del lavoro da casa nel rapporto con i colleghi, mentre il 70% lo associa a un peggioramento della propria condizione lavorativa. A dirlo sono soprattutto gli over 45, che evidentemente erano ormai abituati ad un altro tipo di vita, ma a sorpresa anche i giovani. Gli stessi che ambiscono ad un lavoro flessibile ma che poi sono costretti a notare che il lavoro da remoto riduce le occasioni di coordinamento, di confronto e le possibilità di crescita e sviluppo professionale.
Voi come la vedete?
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