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Editorial
giorgioarmanivi

Esiste una moda before Giorgio e una after Giorgio. E diciamolo, da quando Armani ha iniziato a creare i suoi capi la parola stile ha assunto tutto un altro significato. E visto che abbiamo un debole per le storie di successo iniziamo da Giorgio Armani oggi.

Re Giorgio alla soglia dei 90 anni (l'11 luglio) è arrivato ad avere 650 negozi in tutto il mondo e circa 8.700 dipendenti. Le vendite delle sue diverse etichette (moda, design, sport, accessori, profumi etc) hanno visto il bilancio 2022 con ricavi in crescita del 16% e 2 miliardi e 300 milioni di euro di fatturato. È il terzo uomo più ricco d'Italia, secondo la classifica stilata da Forbes (aprile 2024), con un patrimonio personale di 10 miliardi e mezzo di euro. Al momento Armani detiene il 99,9% del capitale del gruppo che porta il suo nome fondato nel 1975 insieme a Sergio Galeotti, lo 0,1% della holding è affidato alla Fondazione Armani. Pensando al futuro, Armani ha già definito il passaggio dello scettro quando sarà stanco di regnare, con i termini di successione che vedono in prima linea i nipoti Silvana, Roberta e Andrea.

Ma dove inizia la storia di Armani? Banale dirlo: da Milano, of course. Qui Armani apre gli occhi sulla moda e su quello che potrebbe essere il suo futuro. E con un capitale iniziale di 10 milioni di lire (per chi non conoscesse le lire sono circa 5.154,57 euro) dà vita alla Giorgio Armani Spa. La prima collezione uomo è presentata al Palace Hotel, ma già nel 1976 amplia la sua visione al pret-à-porter femminile. Pochi anni dopo la svolta con la creazione della giacca destrutturata. Armani toglie tutta la rigidità delle giacche inglesi (pensa un po', gli inglesi rigidi) e gli dà una fluidità mai vista prima con l'uso di tessuti e trame. Un capo simbolo delle sue collezioni che si adatta perfettamente a uomini e donne. E se ne accorge ben presto Hollywood a partire da una raggiante Diane Keaton che ritira l'Oscar come migliore attrice protagonista per "Io e Annie" nel 1978 vestita in total Armani. Segue poi il guardaroba di Richard Gere in American Gigolò con la scena iconica di lui, stilista presso sé stesso prima che gli stylist fossero di moda, che decide come abbinare le sue giacche Armani stese con cura sul letto. Consacrazione finale la copertina del Times del 1982. Prima di lui solo Dior.

Armani crea anche un suo colore distintivo, il greige (misto grigio e beige) riuscendo a rendere spettacolari su chiunque due tonalità che di base non stanno bene a nessuno. Se non è questo il genio. Mentre il suo blu classico e senza tempo rende elegante anche la più “Plain Jane” del pianeta. Gli anni ’80 sono carichi di idee e nuove proposte. Apre a Milano il primo negozio Emporio Armani, con un abbigliamento più casual rivolto ai giovani, seguono Armani Jeans e la linea junior. Sempre nello stesso periodo sigla un accordo di licenza per i profumi con l'Oreal (che dura ancora oggi) per lanciare le sue prime fragranze. Il fatturato triplica e raggiunge i 50 miliardi (sempre di lire parliamo) nel 1984. Si aggiungono poi alla family anche le linee underwear e swimsuit di Emporio Armani, seguite a ruota dalla linea occhiali (dal 2017 è titolare di un pacchetto azionario pari al 4,64% del capitale di Luxottica), Armani Exchange rivolta al mercato americano e nel 1997 gli orologi.

Aprono i primi Armani caffè (Londra e Parigi) e negli anni 2000 prosegue il lancio di nuove linee: Armani/Casa, Armani Collezioni, Giorgio Armani Cosmetics e Armani/Fiori. Poco dopo tocca ad Armani/Dolci e ai gioielli. Nel 2005 sulle passerelle di Parigi sfila la prima collezione Armani Privé e la nuova Hollywood impazzisce. Come ogni new generation, scopre come Armani non solo ti tiene fuori dalla lista dei peggio vestiti, ma ha una percentuale abbastanza alta di premi e statuette vinti con indosso i suoi abiti.

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Ma Armani sa vestire anche lo sport e dopo il lancio di EA7 diventa patron dell’Olimpia Milano e nel 2010 Official Outfitter del Team Italia per le Olimpiadi di Londra. Legame che continua a rinnovarsi ogni 4 anni. Nel 2015 la rivista Forbes lo inserisce come 5° uomo più ricco d’Italia con un patrimonio personale di circa 7,6 miliardi di dollari, mentre tutto il gruppo fattura ben 2,6 miliardi di euro. Come tutti soffre l'arresto della pandemia, ma mette in passerella una classe infinta aiutando e sostenendo Milano. Fissa gli obiettivi di ripresa che raggiunge con ampio anticipo già nel 2021 con ricavi netti saliti del 26,3% a 2,019 miliardi, mentre quelli indotti sono il doppio: 4 miliardi.

Morale della favola? La classe vende e nessuno sa farlo come Giorgio Armani.

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