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Oliviero Toscani se n'è andato, lasciando dietro di sé un’eredità che non potrà mai essere ignorata. Genio della fotografia e della comunicazione, Toscani ha avuto il merito di portare la pubblicità a un livello completamente diverso, facendola diventare una forma d'arte. La sua morte segna la fine di un’epoca, quella di un uomo che ha saputo trasformare un settore spesso sottovalutato in un potente strumento di provocazione e riflessione sociale.

Nato a Milano nel 1942, Toscani cresce in un ambiente che avrebbe potuto spingerlo verso il mondo tradizionale della fotografia commerciale, ma lui sceglie di seguire una strada completamente diversa. Il suo percorso formativo inizia con studi all’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano, ma ben presto il giovane Toscani si rende conto che la fotografia non è solo una questione di tecnica, ma di visione. Non bastava scattare belle foto, bisognava che le sue immagini dicessero qualcosa, che fossero cariche di messaggi, emozioni e significati. E così fa. Inizia la sua carriera da freelance, ma è nel mondo della pubblicità che trova la sua vera dimensione.

La sua è una di quelle scomparse che fanno pensare. Sì, perché quando uno è stato tanto chiacchierato, trasgressivo, provocatorio come lui, quando se ne va, ti costringe a pensarci. Oliviero Toscani era (è) un’istituzione. Le sue campagne pubblicitarie hanno suscitato un botto di polemiche. Le immagini forti, le situazioni scomode, gli argomenti delicati come la disabilità, la sessualità, le discriminazioni razziali, la guerra, l’AIDS. Niente più bellissimi modelli in pose perfette, ma immagini vere, crude, che non temono di toccare corde sensibili.

Certo, non tutti erano entusiasti di vedere temi così delicati trattati in modo così diretto. Ma lui non se ne curava perché ha osato fare ciò che nessuno si sarebbe mai sognato di fare prima. Le sue immagini erano un pugno allo stomaco, ma anche uno specchio della società in cui vivevamo, spesso molto più avanti dei tempi. Toscani ha preso Benetton, che fino a quel momento faceva il classico "casa della t-shirt basic", e l’ha trasformato in un teatro delle provocazioni. È stato lui, per esempio, a realizzare la famosa campagna di sull'AIDS, con l’immagine del bacio tra un prete e una suora, un’istantanea che ha fatto parlare tutto il mondo. 

Oltre alla sua carriera in Benetton, Toscani ha continuato a lavorare come fotografo e regista, collaborando con grandi brand internazionali come Valentino, Sisley e Channel, ma sempre con quella sua impronta unica, inconfondibile. Non si accontentava mai di fare il "normale". Non solo ha scattato foto, ma ha contribuito anche a realizzare film e video musicali. E ancora è stato docente in molte scuole di fotografia e comunicazione, insegnando a molti giovani a pensare fuori dagli schemi e a vedere la pubblicità come una forma d’arte. A differenza di altri, Toscani non temeva le critiche, anzi le cercava.

Se qualcuno lo accusava di osare troppo, lui rispondeva con il suo modo di fare: spietato, ma geniale. Per lui, la pubblicità doveva essere una forza che scuoteva la coscienza, non solo uno strumento per vendere qualcosa. E quando si trattava di affrontare tabù, Toscani non si tirava mai indietro. Ha cambiato il modo di vedere la pubblicità e la fotografia, trasformando il messaggio pubblicitario in qualcosa che suscitava riflessione, non solo in qualcosa che vendeva un prodotto. Il suo obiettivo era far parlare, far riflettere, scuotere le coscienze. E ci è riuscito, e alla grande. Con immagini che restano impresse nella memoria collettiva. Ha saputo mettere il dito sulla piaga della società, come solo i veri artisti sanno fare. Come quando vi raccontano una storia che non volevate sentire, ma vi sta talmente simpatico che gli dite "Vabbè, continua, fammi vedere dove vai a parare".

E ora, che non c’è più, sentiamo la sua mancanza. Perché senza di lui, il mondo della moda e della pubblicità sembra un po’ più vuoto. Un po’ più piatto. È come se avessimo perso un po’ di quella spinta creativa che rendeva tutto più interessante. Perché Toscani ha urlato con le sue foto, ha sconvolto le regole. Un uomo che ha cambiato il volto della pubblicità, senza mai dimenticare di essere, prima di tutto, un artista. E questo, raga, è un dono raro.

Oliviero Toscani ha vinto qualsiasi cosa, tipo quattro volte il Leone d’Oro al Festival di Cannes, due volte il Gran Premio d’Affichage, il Gran Premio dell’UNESCO, il premio Creative hero della Saatchi & Saatchi e un botto di premi degli Art Directors Club di tutto il mondo. "Con immenso dolore diamo la notizia che oggi, 13 gennaio 2025, il nostro amatissimo Oliviero ha intrapreso il suo prossimo viaggio. Chiediamo cortesemente riservatezza e comprensione per questo momento che vorremmo affrontare nell'intimità della famiglia. Kirsti Toscani con Rocco, Lola e Ali", si legge nella nota firmata dalla moglie Kirsti e dai figli. Il fotografo aveva 82 anni ed era malato da tempo di amiloidosi.

A proposito di Milano, una volta disse al Corriere della Sera: "La mia città, la più importante d’Italia, è tale perché qui sono arrivati i siciliani, i calabresi, i campani, i pugliesi. Milano è un insieme di differenze che una volta a Milano hanno dato il meglio di sé, liberandosi dalle difficoltà, da ciò che nelle proprie terre ne bloccava le energie". 

 

 



Autrice: Rebecca Manzi

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