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Employer Branding. Per chi non se ne intende di termini aziendali 2.0 lo diciamo subito: non è l’ennesimo trend di TikTok. In soldoni, è una sorta un biglietto da visita, una serie di belle parole, accattivanti, che le aziende utilizzano per attirare e invogliare i giovani ad interessarsi a loro. Ai giovani di oggi - figa che roba boomer da dire - piace essere sicuri già in partenza che saranno coccolati e comfy nel futuro ambiente lavorativo. No stress, please. Poche imposizioni (escluse quelle necessarie) e flessibilità a go-go. Orari flessibili, smart (ma non troppo), possibilità di puntare in alto, non vogliono essere sfruttati (giustamente) ma non amano troppo nemmeno la gavetta. Ecco perché poi succede che le aziende preferiscano coccolarsi i Senior, ma questa è un'altra storia.

Lo dimostra anche una ricerca di Randstad (Employer Brand Research 2024): i dipendenti delfuturo, tra i 18 e i 24 anni, hanno mille priorità. Innanzitutto, il top sarebbe avere il giusto balance tra lavoro e vita privata (64%); fra le necessità, non può certo mancare un’atmosfera lavorativa più che piacevole, magari divertente (61%). Per non parlare di quanto abbiano a cuore l’equità, fondamentale per il 59% di loro, e la sicurezza del luogo per il 53.

Infine, la possibilità di salire di grado è una priorità per il 58%. Retribuzione e i benefit, neanche da nominare (55%). Molte aziende hanno capito l'andazzo, ed è qui che spunta fuori l'Employer Branding. Coniato nel 1996 da Simon Barrow, che lo definì "l’insieme dei benefici funzionali, economici e psicologici che il proprio impiego offre e che sono identificati con il proprio datore di lavoro", nel 2005 Minchington modifica la sua definizione. Al fly, diventa una strategia aziendale per costruirsi una buona reputazione e un'immagine che stimoli la curiosità nei junior workers, che iniziano ad affacciarsi verso questo nuovo mondo. In due parole: un modo per farsi furbi e acchiapparsi i best talent dell’anno.

L'Employer Branding ha quindi lo scopo di comunicare i valori, la mission e l’intera brand identity di un marchio, per dimostrare al potenziale candidato i pro di diventare parte della sua community. Se prima era importante fidelizzare i clienti, oggi è altrettanto fondamentale creare un legame di fiducia con i dipendenti, così che si sentano coinvolti e stimolati nel progetto. Certo, la speranza è che le aziende affianchino le belle parole ai fatti concreti, cosa non sempre consequenziale.

 

 

Autrice: Martina Gallazzi

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