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Ai milanesi il proprio lavoro fa cagare: è boom di dimissioni (soprattutto tra i giovani)

Il trend riguarda soprattutto i giovani, per il 38,9% è colpa dello stipendio

Oh raga, l’era del posto fisso a vita? Ciaone proprio. A Milano c’è un nuovo trend: mollare il lavoro. E no, non per andare a coltivare avocado in Brianza, ma perché 4 milanesi su 10 hanno deciso che stare incollati alla scrivania a fare gli schiavi del foglio Excel non fa più per loro.

Secondo Repubblica, stiamo vivendo un’epidemia di dimissioni. E no, il virus non c’entra. Il 38,9% dei lavoratori meneghini dichiara che lo stipendio non è abbastanza per giustificare le ore infinite passate in ufficio tra call interminabili e capi che ti stalkerano su Teams. E quindi? Si salutano tutti e via.

La cosa che fa riflettere? Più della metà di quelli che appendono il badge al chiodo ha meno di 34 anni. La Gen Z e i Millennials, cresciuti a pane, Wi-Fi e sogni di libertà, hanno deciso che la vita è troppo breve per fare un lavoro che non li rappresenta. E alla fine… ci sta.

La CGIL conferma: molti cercano coerenza tra lavoro e valori personali. Insomma, non basta più portare a casa la pagnotta, vogliono sentirsi parte di qualcosa che abbia senso. Tipo, lavorare in una startup che salva i ricci dall’estinzione o in una tech company che promette di rivoluzionare l’universo con un’app per prenotare il caffè al bar sotto casa.

E poi c’è la questione della flessibilità. Smart working, orari umani, tempo libero: parole che fino a qualche anno fa erano pura fantascienza e che ora sono diventate non negoziabili. Perché diciamolo, chi ha voglia di farsi due ore di traffico in tangenziale ogni giorno quando puoi lavorare in pigiama dal divano mentre il tuo gatto ti giudica?

Cosa succede a chi lascia il lavoro

Ma cosa succede quando lasci il lavoro? Non è che tutti hanno l’attico in Brera pagato da mamma e papà, eh. Molti si reinventano: freelance, piccoli business, side hustle che manco in Silicon Valley. C’è chi vende le sue grafiche su Etsy, chi fa il social media manager per il bar di quartiere, chi si butta sugli investimenti crypto (con alterne fortune, ma vabbè).

Il punto è che Milano, nonostante il costo della vita che fa venire l’ansia solo a pensarci, resta una città di opportunità. Ma se il lavoro non dà più quelle soddisfazioni (né quei soldi) che giustificano le sveglie all’alba, allora tanto vale rischiare. Un tempo si diceva “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia, non sa quel che trova”, ma ormai il motto è diventato: “Chi lascia il lavoro tossico per una vita più serena, al massimo si apre un OnlyFans”.

E poi diciamocelo, se l’azienda non ti tratta come il CEO, almeno fai in modo di trattarti bene da solo. Quindi sì, la Grande Dimissione meneghina continua, con buona pace dei recruiter che si trovano più mail di dimissioni che CV.

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