Dopo l’ubriacatura di marchi inglobati negli anni scorsi, Campari comincia un periodo di sobrietà liberandosi di alcuni brand che ha in pancia. La filosofia sembra essere: “meno etichette, più focus” e, secondo indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera, il gruppo starebbe organizzando la vendita di tre nomi storici della tradizione alcolica italiana: Averna, Braulio e Zedda Piras.
La notizia ha già fatto tintinnare i bicchieri in Borsa, dove il valore delle azioni è salito, ma lato Campari non ci sono ancora conferme ufficiali. La mossa non stupisce: fin dal suo arrivo nel dicembre 2024, l’amministratore delegato Simon Hunt aveva annunciato che l’epoca degli acquisti compulsivi era finita. A suo dire, il gruppo si è “allargato troppo” e serve ritrovare disciplina e concentrazione: insomma, non sembrare in preda ai fumi dell’alcol o a un attacco di bulimia, aggiungiamo noi.
Troppi marchi
Un numero parla chiaro: 72. Tanti sono i marchi che Campari ha accumulato dopo decenni di shopping sfrenato, dalle distillerie italiane alle icone internazionali. Come ha spiegato il Ceo, però, una trentina di questi brand contribuisce appena al 9% dei ricavi: una zavorra, più che una risorsa. Da qui la decisione di alleggerire il portafoglio: via ciò che non rende abbastanza, per puntare su ciò che inebria di più.
La cura dimagrante è già iniziata da un po’: a giugno, quando l’azienda aveva ceduto per 100 milioni di euro Cinzano e Frattina al Gruppo Caffo 1915 – lo stesso del Vecchio Amaro del Capo. Nell’ottobre dell’anno scorso era stata la volta di Tannico, l’e-commerce del vino che Campari aveva acquistato nel 2020 per ampliare la propria presenza digitale, in pieno periodo Covid. Adesso però si mettono sul tavolo tre carichi importanti.
Nonostante la nuova stagione di essenzialità, peraltro, il gruppo non rinuncia del tutto alla crescita: tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 ha finalizzato l’acquisto da oltre un miliardo di dollari di Courvoisier, uno dei cognac più famosi al mondo. Ora l’attenzione è rivolta soprattutto ai marchi che già trainano fatturato e immagine e qui entrano in scena i veri protagonisti dell’universo Campari: Aperol e Campari.
Due nomi che non hanno bisogno di presentazioni, complici le gigantesche campagne di marketing globali, le terrazze dedicate (come quelle di Milano e Venezia) e le partnership con i grandi eventi internazionali: Mostra del Cinema sempre a Venezia, Festival di Cannes, Coachella e un’infinità di collaborazioni con influencer e creator. Marchi energici, iconici, sempre in vetrina. A loro si affiancano i brand su cui Hunt vuole puntare maggiormente: la tequila Espolon, il whisky Wild Turkey e, naturalmente, il nuovo titanico acquisto Courvoisier.
Accanto a questi colossi, non spariscono certo le altre etichette forti che contribuiscono in modo significativo alle vendite: SKYY Vodka, Grand Marnier, Rhum des Antilles, il whisky Glen Grant, e vari protagonisti del mondo aperitivo come Cynar, Crodino e Sarti Rosa. Ma l’idea è chiara: la famiglia è grande, ma i “cocchi” da coccolare sono pochi.
Chi se ne va
E arriviamo così ai tre marchi finiti nel mirino delle possibili cessioni. Averna, nato a metà Ottocento a Caltanissetta, ha origini quasi monastiche: l’amaro che conosciamo oggi deriva da una ricetta erboristica custodita dai monaci locali. Braulio arriva dalle montagne della Valtellina, precisamente da Bormio, dove il suo gusto alpino è diventato un simbolo della zona. Infine Zedda Piras, lo storico mirto sardo che prende il nome dal viticoltore che fondò la distilleria a fine Ottocento.
Chi potrebbe portarseli a casa? Il Corriere ipotizza diversi candidati: il gruppo Montenegro, Illva Saronno, Lucano 1894 – tutti pesi massimi del mondo degli amari – ma anche il gruppo NewPrinces, che di recente ha acquisito il polo produttivo della distilleria Cinzano in provincia di Cuneo. Per ora sono solo ipotesi, ma intorno ai tre marchi si avverte già un certo movimento.
Insomma: dopo anni passati a “bere di tutto”, Campari sembra pronta a riordinare il piano bar. Niente più collezioni infinite: pochi ingredienti, scelti bene. E se per arrivarci serve salutare tre etichette con più di un secolo di storia, pace: si farà.









