La vita è tutt’altro che una linea retta. E, per fortuna o purtroppo, lo stesso vale per il nostro cervello: sinuoso, imprevedibile, sempre pronto a cambiare rotta come un GPS che non ha mai davvero deciso l’itinerario. Secondo uno studio dell’Università di Cambridge, da quando veniamo al mondo fino a quando spegniamo 90 candeline (per chi le spegne, ovviamente) attraversiamo cinque grandi età cerebrali, cinque “forme mentali” diverse, quasi come se il nostro cervello fosse un attore che cambia costume a ogni atto.
E il colpo di scena arriva subito: l’adolescenza – quella vera, biologica – non finisce affatto a 18 anni. Né a 20. Né a 25. Per Cambridge termina intorno ai 32 anni. E solo a quel punto raggiungiamo il picco delle capacità cognitive. Dopo? Calma, il declino c’è, ma non tutto in una volta. Procede piano, per consentirci di mantenere una certa dignità.
Prima di addentrarci nella trama, ecco le cinque età del cervello, a prova di decadimento cerebrale:
Infanzia cerebrale: 0 – 9 anni
(“Metti ordine che hai troppa roba in cameretta”)
In questo primo tratto di vita il cervello è un gran lavoratore: deve sistemare la quantità spropositata di sinapsi con cui siamo nati. È come avere un armadio pieno di vestiti che non metteremo mai. Così il cervello seleziona, taglia, ricicla: le connessioni utili restano, quelle inutili vengono archiviate. Il volume cerebrale cresce rapidamente, la corteccia si inspessisce e tutto si prepara per le grandi performance future.
Adolescenza cerebrale estesa: 9 – 32 anni
(“L’epoca d’oro… ma anche imprevedibile”)
Sorpresa: l’adolescenza biologica dura 23 anni. Ventitré. Non stupisce quindi se molti trentenni si sentono ancora “in lavorazione”: lo sono davvero. In questa fase succede di tutto: le connessioni neuronali diventano più efficienti, le varie aree del cervello imparano a collaborare come una squadra sincronizzata, memoria, linguaggio, orientamento, controllo delle emozioni e dell’umore maturano e trovano la loro forma adulta.
È anche il momento in cui possono affacciarsi alcune malattie mentali, ma “in maniera relativa”, chiarisce il neurologo Gabriele Miceli: se tutto sta maturando, è normale che qualche ingranaggio possa scricchiolare. Gli studiosi ricordano che la nostra idea di adolescenza che finisce a 20 anni è una pura convenzione culturale. Biologicamente, l’età ribelle ci saluta solo quando superiamo i 32. E infatti, guardatevi un po’ in giro…
Età adulta stabile: 32 – 66 anni
(“I giochi sono quasi fatti, ma si può ancora barare”)
Una volta varcati i 32, il cervello raggiunge la sua configurazione definitiva: è lucido, efficiente, affidabile. È la fase in cui non si cresce più molto, ma non si perde neanche troppo: una bella stabilità mentale che dura fino ai 66 anni.
Questo però non significa che siamo automi: ciò che facciamo, come ci teniamo mentalmente attivi, quanto stimoliamo le nostre capacità cognitive… tutto questo influenza profondamente come invecchieremo. Lo studio di Cambridge fotografa gruppi di persone in varie età, ma non segue lo stesso cervello nel tempo, dunque non può raccontarci come cambiamo, solo quando cambiamo.
Inizio della discesa: 66 – 83 anni
(“L’auto tiene ancora benissimo, ma ogni tanto va lucidata”)
Dai 66 anni in avanti il vento favorevole comincia a svanire e tocca impegnarsi un po’ di più per restare in ottima forma mentale. Non è un dramma: è fisiologico.
I ricercatori invitano soprattutto a controllare la pressione sanguigna, uno dei principali fattori che influiscono sul rischio di demenze. È il momento della cura, della manutenzione, del “non abbiamo 20 anni (da un pezzo), ma possiamo fare ancora molto”.
Età cerebrale avanzata: dagli 83 anni in poi
(“Meno neuroni, più esperienza: il cervello gioca d’astuzia”)
Eccoci all’ultima tappa. Dopo gli 83 anni il cervello non ha più la folla di cellule degli anni migliori, ma impara a usarle al massimo. La connessione tra le aree non è più quella piena e vibrante dell’adolescenza, ma per molti anziani in buona salute lo stato generale resta sorprendentemente efficiente. È più complicato risolvere problemi creativi o cogliere le sfumature nascoste delle situazioni? Sì, dice lo studio, ma le strutture rimaste continuano a lavorare con un’inaspettata capacità di adattamento.
Il cervello ha quindi il suo binario ma anche mille variabili di percorso: accelera, frena, devia, si reinventa. Soprattutto… non smette mai davvero di cambiare. L’adolescenza dura fino a 32 anni, la stabilità fino a 66, poi si comincia a scendere lentamente – ma con molta dignità, e nei casi più fortunati con grande saggezza.









