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Caro Babbo Natale,

siamo amici di penna ormai, e puntuale come ogni dicembre da più di 30 anni, eccomi qui! Non credo però che ai tempi di Facebook – hai più amici di Marck Zuckerberg – tu riesca ancora a riconoscermi.

Sono proprio io. Quel bambino timido che, con scrittura malferma, ogni anno mandava una letterina chiedendoti tanti giocattoli e di far cessare qualche guerra nel mondo. Ora ti scrivo da un tablet, via e-mail, mettendo in CC la mailing list degli Imbruttiti.

Se ci pensi però così è più immediato. Non serve nemmeno che il postino arrivi sin lassù, al freddo e al gelo della Lapponia. Invece qui il periodo è caldo: sono tutti così impegnati a consegnare i pacchi del Black Friday e del Cyber Monday. Già, mio caro Babbo Natale, ti hanno anticipato di qualche settimana. Vogliono forse mandarti in pensione?

Tu in realtà non avresti nemmeno bisogno di quota cento. I contributi li hai versati a tutte le generazioni, sotto forma di doni. Forse però fatturare la notte del 24 dicembre, passando per camini da arredamento sempre spenti, è troppo poco per i ritmi del 2019. Si rischia di non rispettare i budget di fine anno fissati da gente in perenne ansia da KPI.

Sai, ti sto scrivendo proprio dallo sclero di un centro commerciale. Non importa quale. Per me si assomigliano un po’ tutti. Un sapiente mix tra il Paese dei Balocchi e Giargialand.

Qui, accovacciato su una di quelle poltroncine dove una moneta da un Euro vale cinque minuti di massaggio, guardo passare la gente. Centinaia di persone in pellegrinaggio alla cattedrale dello shopping. Pacchi e pacchettini. C’è chi striscia la carta di credito, tanto l’addebito arriverà dopo la tredicesima. Altri invece, proprio questa domenica, si portano appresso la nonna. Più o meno il motivo è lo stesso. Approfittare dei ribassi in anticipo sul Natale.

In realtà, mentre la meccanica della poltrona si dedica viulentemente alla mia schiena, rifletto. Vivo a Milano, città europea e locomotiva d’Italia. Qui c’è il lavoro, si organizzano eventi pazzeschi più o meno ogni settimana, Linate ha riaperto e i mezzi pubblici funzionano molto meglio che altrove. Tutto sembra luccicare, come l’abete di metallo in Piazza Duomo.

La verità Babbo Natale è che, se la salute mi assiste, qui non mi serve nulla. Ho tutto quello che mi necessita e qualsiasi cosa in più sarebbe superflua. Un’inutile scatola infiocchettata da postare su Instagram e riciclare alla prima occasione utile.

No, non è un modo per pensionarti con più eleganza. In realtà io ti devo chiedere tantissime cose.

Prima di tutto serve togliere. Meno odio, meno sentenze definitive al tribunale dei social, meno fake news. Sembra ormai che sullo smartphone di ciascuno di noi si ricrei l’atmosfera di un ingorgo in circonvalla nell’ora di punta. Con la differenza che almeno lì, tra un clacson e un Va’ a Dar Via i Ciapp, ci si sente vivi.

Fatti aiutare dalla Befana con la ramazza per pulire via un po’ di polveri dall’aria. Ah, se il navigatore delle renne non è aggiornato e capiti in qualche periferia, fai in modo che un pochino delle luci del centro arrivi anche lì. Dona a chi dorme al freddo un po’ di calore nel corpo e nell’anima. Regala a chi guarda il Natale dai neon di un ospedale la forza di non mollare e a chi lavora per far festeggiare gli altri, un sorriso e una fetta di Panetùn (se riesci quello Imbruttito. Lo trovi negli ODStore. Puoi dire che ti mandiamo noi e farti un selfie? Così, giusto per il marketing).

Dona ad ogni Imbruttito la capacità di sorridere in ogni momento, anche se le cose sembrano buttare male. Se il fatturato scende, la suocera Giargiana preferisce il pandoro e il nano si è creato un account su Tik Tok. Sorrisi ovunque, mi raccomando.

Mentre mi alzo con la schiena a pezzi, penso che forse ho domandato troppo anche per i tuoi poteri. Beh, ricorda che una volta ti avevo chiesto di risolvere il problema della fame nel mondo. Caro Babbo Natale, ora come allora vorrei semplicemente continuare a sognare, con gli occhi di un bambino.

Per sempre tuo.

Un Imbruttito

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