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Editorial
dainisgraverisn6859plheamunsplash

Qualche giorno fa, sfogliando la Home di Facebook, mi sono imbattuta in un articolo dal titolo “Situationship: né trombamico né relazione seria, allora cos’è?”.

Incuriosita dal nuovo slang inglese, l'ho letto tutto. Poi l’ho riletto più e più volte, nella speranza di non essermi accorta si trattasse di Lercio.it; invece era Cosmopolitan, che ha sentito proprio la necessità di dare un nome e una definizione a qualcosa che non è.

Sì, perché se ho studiato bene, la situationship si può definire solo per quello che non è, e suona più o meno così: NON È una trombamicizia perché questa c’è quando l’incontro tra due persone è puramente sessuale, ma si è anche amici; NON È una botta e via perché questa è one shot; ma chiaramente NON È una relazione vera e propria.

Dunque, questo termine intraducibile, indica una zona grigia tra due persone che provano un certo affetto, che però non è amore e non è amicizia, in cui gli incontri, puramente a scopo sessuale, sono più o meno regolari ma mai pianificati, né a lungo termine - quindi nessuno dei due può avere la certezza di poter contare sull’altro (per intenderci, se state morendo chiamate il 118) -, in cui la vaghezza nel linguaggio è la regola, zero confidenze intime perchè significano vulnerabilità e la vulnerabilità significa coinvolgimento e il coinvolgimento significa sentimenti e i sentimenti significano responsabilità e le responsabilità significa malattia terminale; ovvero, ricadere nell'eventualità di sentirsi dire a voce alta quanto sia meglio essere liberi di svolazzare di fiore in fiore, quando aleggia la minaccia di noia letale oltre l’orgasmo, proprio perché è bandita qualsiasi iniziativa di fare qualunque cosa insieme.

Ora, per essere chiari, io voglio specificare che non mi sembra poi tanto diverso da una trombamicizia; lì almeno è riconosciuto un po' di rispetto tra le persone. O sbaglio? 

Tuttavia, possiamo concludere che se due sono anche amici, per inerzia, ci si salva dal punto di vista della noia, perché qualcosa, di straforo, insieme agli amici la si fa.

Ma forse faccio confusione io.

Assodato, dunque, che la trombamicizia sia due dita sopra alla situationship, in entrambi i casi c’è il colpo di scena: con il contatto fisico il corpo produce ossitocina, e questa crea attaccamento, esattamente come quando si allatta un figlio, e l’attaccamento genera e attiva un circuito di sentimenti che si nutre e si alimenta e cresce. Tutto questo, sempre per la famosa scienza, è più sviluppato nelle donne che negli uomini, perché atte a generare e a garantire la sopravvivenza della specie

Infine, l’articolo è molto utile perché, dopo aver spiegato questa altrettanto magica inculata, dà due epici suggerimenti per evitarla:

1. Incontrare anche altri partner sessuali contemporaneamente.
2. Chiudere la situazione.

Così si può scegliere se, nel primo caso, morire di overdose di ossitocina o, nel secondo, inserirsi nelle liste per il trapianto di organi.

Dopo aver ringraziato l’autrice Olivia Calò per questo bagnetto a Lourdes - si fa per scherzare, cara -, ho pensato a quanto impegno e dedizione molti ci mettano nel non oltrepassare la linea gialla, nel raccontare e raccontarsi quanto siano distaccati e algidi e imperturbabili, a quanto qualcuno ci abbia impiegato tutta una vita a costruirsi un personaggio indifferente, strafottente, bullo al punto giusto, impermeabile e feelingsproof, e a quanto, poi, il suo corpo lo fotta così bellamente: proprio mentre lui/lei sta dicendo a lui/lei che non gliene importa nulla, l’ossitocina sta squirtando ovunque e li farà incontrare di nuovo. E di nuovo.


E poi mi sono chiesta: ma sono gli ormoni che ci fanno innamorare o ci innamoriamo e si producono gli ormoni? Che è un po’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina, ma la filosofia insegna solo a porsi domande, per le risposte ho consultato la scienza e così quello che so per certo è che ci sono una serie di sostanze messe in circolo dal nostro corpo quando ci piace qualcuno. La PEA è un neurotrasmettitore rilasciato dai neuroni nei momenti di euforia emotiva compresi quelli amorosi, e per questo è soprannominata la love drug. La sua struttura è simile a quella delle anfetamine e produce, quindi, gli stessi effetti: stimola il cervello a rilasciare beta-endorfina che ha effetti analgesici e dà una sensazione di benessere; aumenta la pressione sanguigna e i livelli di glucosio nel sangue, inoltre inibisce l’appetito, contrasta la fatica, migliora l’umore, favorisce la veglia e le funzioni mentali. Modula il rilascio della dopamina coinvolta nelle attività cerebrali che implicano la soddisfazione, la motivazione, la ricompensa e la gratificazione.

In ogni caso, agli ormoni, che siate amici, meno amici, quasi amici, conoscenti, estranei, frequentanti, chiudenti o inizianti, che la vostra sia una trombamicizia o una situazione, una trombasituazione o una situamicizia, una cosa scialla, casuale, meglio se da brilli o una cosa dopomezzanottecheprimafatropposeria, una cosa che trombare sì dormire no, una cosa tra tante, una cosa tra niente, una cosa con il timer o una a cadenza settimanale come le riviste, una cosa che ti voglio bene ma non troppo ma neanche poco ma a volte per niente e altre forse tanto ma non te lo dico e non me lo dico, anzi me lo vado a dimenticare con un’altra/un altro che tanto domani ti rivedo, o forse no, forse sparirò per un po’ o quanto basta per chiedermi se ti voglio e non rispondermi mai, una cosa che fa abbracciare e bestemmiare, una cosa da mi manchi&vaffanculo, poco importa: l’ossitocina avrà già riso in faccia a tutti.

Dunque, la scienza dice che avere il cuore innamorato ci fa provare cose che la gente compra dai pusher ma senza effetti collaterali. Però, se lei non vi ha convinto, ci provo io partendo da un’ovvietà: le partite giocate in difesa probabilmente non fanno beccare goal, ma di sicuro non ne fanno fare. 

Avere il cuore innamorato, a me ricorda il suono della campanella dell’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola, ma la cosa più potente che, secondo me, riesce a farci fare, è prenderci cura del futuro, quando di solito mandiamo a puttane anche il presente.

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