Milano è in lockdown senza essere in lockdown. La City brulicante, quella della movida, degli aperitivi sui Navigli, dei locali sempre pieni, della gente indaffarata, è diventata una sorta di ghost town. Mancano solo le balle di fieno soffiate via dal vento, per strada, a rendere l'idea. "Ma che succede?". Eh, il Covid. Anzi, l'Omicron. L'è semper lu. I contagi a pioggia stanno scoraggiando le uscite, tanto che chi va in centro con l'auto trova subito parcheggio. Assurdo.
La situation è grigia, come confermato dal sondaggio promosso da Confcommercio Milano che, in tre giorni, ha coinvolto oltre mille attività: per il 72% delle realtà economiche del settore terziario, dalla ristorazione ai servizi, l'aumento dei contagi legato alla diffusione della nuova variante ha tenuto lontani un fottio di clienti facendo inevitabilmente crollare il fatturato. Per il 41% delle attività intervistate, invece, i problemi dipendono più che altro da dipendenti e collaboratori, a casa in quarantena. Menate anche con i rifornimenti, stando a quanto rivelato dal 21%. Incide anche la ripresa dello smart working, che quindi toglie ai locali una bella fetta di pause pranzo e ape post lavoro. Roba già vista, purtroppo.
Va da sé che se passeremo in zona orange come si prospetta, il panorama non potrà fare altro che peggiorare viste le conseguenti limitazioni per bar e ristoranti. Il 57% stima una perdita variabile dal 10 al 30%. E addirittura una impresa su 10 teme la chiusura. "A causa degli effetti della variante Omicron - dichiara Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio - le imprese del terziario rischiano una nuova e profonda crisi. Cali di fatturato e problemi di personale sono le criticità più evidenti. Da qui la richiesta urgente al governo ma anche alle istituzioni locali, di attivare al più presto sostegni per i settori imprenditoriali più colpiti. In particolare indennizzi, rinnovo cassa Covid e moratorie fiscali e creditizie". Tutto giusto.
Che poi mica solo i locali sono deserti. Anche gli uffici. Settembre doveva rappresentare il grande ritorno alla vita, anche quella lavorativa, e invece siamo ancora qui a smanettare da casa. Per carità, tanta gente lo preferisce. Ma fa comunque impressione vedere aziende desolate e zone strategiche della City private del loro frenetico tran tran. Qualche esempio: Assicurazioni Generali, come riportato da Repubblica, conta il 90% dei dipendenti dello Storto, la torre Hadid di Citylife, in lavoro da remoto. Una volta passato il periodo peggiore, la situazione continuerà in versione ibrida. Si potrà lavorare da casa tre giorni a settimana, da distribuire, volendo, anche su base mensile (tredici giorni al mese) o con riporto bimestrale.
In piazza Missori, negli uffici italiani di Facebook, va solo chi ci vuole andare. Per tutti gli altri, smart working. Stessa cosa nella multinazionale Kraft Heinz a Segrate: sono i dipendenti a scegliere se lavorare da casa o dall'office. Anche in Comune si stanno riorganizzando, visto il periodaccio. Si è passati da un massimo di otto giorni al mese di lavoro agile agli attuali 62 giorni complessivi su 125 totali da calcolare fino al 30 giugno. E niente dai, tutti in letargo quest'inverno. Ci si ribecca in primavera (sperem).
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