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I governi dell'Unione Europea hanno finalmente trovato una quadra per disciplinare tutti i lavoretti della gig economy, quella che include cioè consegne a domicilio, noleggio con conducente e altri mestieri svolti alle dipendenze di algoritmi. Il punto centrale è questo: in presenza di almeno tre dei sette criteri individuati, i lavoratori delle piattaforme devono essere considerati dipendenti e non più autonomi. Ergo, dovranno essere applicate per loro tutte le relative tutele legali, previdenziali e retributive. That's it. Next step: il testo sarà adesso discusso con il Parlamento europeo e asap dovrebbe arrivare l'ok definitivo. Top.

Oh, si trattava di un upgrade necessario, anche perché la gig economy - al di là del nome gigione - ad oggi vanta un volume d’affari quasi quintuplicato negli ultimi cinque anni, che è passato da 3 a 14 miliardi. Oggi piattaforme come Deliveroo, Glovo, JustEat ma anche Uber impiegano tipo 28,3 milioni di persone in Europa, numero che secondo gli esperti crescerà fino a 43 milioni entro il 2025. Ecco perché tocca regolamentare la situa dei tantissimi precari che si fanno il culo scorrazzando pizze e hamburger a destra e sinistra. Anche perché, ad oggi, il 90% dei lavoratori ingaggiati dalle piattaforme europee sono autonomi che guadagnano una miseria, e che non sono retribuiti per le ore passate in attesa di un incarico (cioè il 41% delle ore totali). Una situazione incommentabile, anzi commentiamola: inumana.

Come si trasforma adesso un autonomo in dipendente? La bozza di direttiva stabilisce sette criteri per individuare i falsi autonomi, quelli cioè che devono assolutamente essere convertiti in dipendenti. Di questi criteri ne bastano tre per attivare una presunzione legale di subordinazione, che eventualmente spetterà alla piattaforma smentire. Altrimenti, il lavoratore sarà considerato un dipendente a tutti gli effetti, con tutte le tutele e gli aggravi di costo del caso. Ci sta. Tra i sette criteri troviamo: la determinazione da parte della piattaforma dei limiti massimi di retribuzione, l’imposizione di un abbigliamento specifico, la supervisione del lavoro, la limitazione della facoltà di scelta degli orari di lavoro e dei giorni di assenza, la restrizione alla possibilità di rifiutare incarichi, di costruire la propria clientela o di svolgere prestazioni per la concorrenza. Sicuro sicuro un botto di rider spunteranno almeno tre di queste indicazioni, se non di più. Piattaforme: preparate i contrattini.

Ma come l'hanno presa le big? Eh, insomma. Con i contratti avranno molte più spese, e dovranno tagliare in altri settori o aumentare i prezzi, a svantaggio dei clienti e delle aziende che si avvalgono di queste piattaforme. "Il testo votato oggi non fornisce la certezza del diritto necessaria per garantire che i veri lavoratori autonomi non siano costretti a diventare dipendenti" hanno detto quelli di Uber. Da Just Eat invece reazioni postive: "Accogliamo positivamente la notizia dell’accordo raggiunto dai Ministri del Lavoro Ue sulla Direttiva dei Lavoratori delle Piattaforme Digitali - ha dichiarato Daniele Contini, Country Manager dell’app di food delivery con sede in Olanda - Il percorso che abbiamo avviato oltre 2 anni fa, con l’assunzione di tutti i nostri rider, si basa su obiettivi comuni come la garanzia di diritti e tutele per i lavoratori delle piattaforme digitali. Crediamo che questo sia un importante passo avanti per il raggiungimento di condizioni di parità nel nostro settore, quindi per un mercato equo e competitivo, e ci auguriamo altresì che si possa arrivare presto all’approvazione finale". Dai, speriamo!

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