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Editorial
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Non fare il paguro, fai il canguro. Abbiamo già in mente un bel business di magliette imbruttite dopo la legge sulla disconnessione in Australia. Il senso è: a un certo punto skippa le notifiche e salta al giorno dopo, non portarti dietro h24 la zavorra di e-mail e messaggi dalle chat coi colleghi. Ricordati che le ferie sono ferie e sono un diritto, non una concessione, e che gli straordinari oltre l’orario di lavoro (ovunque tu lo svolga) vanno pagati, non sono un optional.

Dal 26 agosto anche nella terra degli Aborigeni è in vigore la legge che sancisce il diritto dei lavoratori dipendenti a restare disconnessi fuori dall’orario di lavoro. In soldoni: nessuno li può più cazziare se non vedono un’email oppure non rispondono a un messaggio via chat al di fuori dell’orario stabilito per la loro permanenza in ufficio o per il loro smartworking. E sono soldoni davvero, perché a supporto della legge qualcuno ha fatto una botta di conti: con il giochino del che-vuoi-che-sia-una-email-fuori-turno non è stato pagato l’equivalente di 79 miliardi di euro di straordinari. T’è capì?! 

I big boss australiani ovviamente non sono d’accordo ma la legge parla chiaro: se violeranno la norma e pretenderanno un contatto coi dipendenti potranno ritrovarsi multe salate (oltre 60mila dollari australiani, circa 40mila euro), anche se avranno modo di "giustificarsi" per motivi di urgenza. Non sarà un tribunale a decidere, bensì un’apposita commissione, che stabilirà quando il lavoratore abbia ragione a rifiutarsi di rispondere e quando invece abbia ragione il datore di lavoro a tentare di contattarlo via email o via telefono.

Qualche mese fa la questione della disconnessione era stata affrontata anche in California (ne abbiamo parlato qui) ma i primi a occuparsene sono stati i cugini d'Oltralpe nel 2017, ben prima di Covid e smartworking diffuso. Quell'anno l'azienda britannica Rentokil fu costretta dalla Corte Suprema francese a pagare 60mila euro a uno dei suoi ex dipendenti residente in Francia per avergli richiesto di essere costantemente reperibile.

Udite udite è del 2017 anche la legge sullo smartworking in Italia, che però non contempla un diritto alla disconnessione né esplicito, né quindi vincolante per tutte le aziende. Poiché a negoziare sono le parti sociali, vige l’italico pastrocchio in cui fanno tutti un po'ad minchiam.

A dare supporto alle normative nazionali ci ha pensato il Parlamento europeo con una risoluzione del gennaio 2021, qui sì dopo l’inizio della pandemia e in pieno far west del tele-lavoro. Così, oggi ci sono norme per garantire la disconnessione anche in Germania, Spagna, Portogallo e Belgio. Il Italia sul diritto alla disconnessione si esprimono anche la legge 61/2021 e il Protocollo nazionale sul lavoro agile: in entrambi i casi è riconosciuto il "diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche", in particolare "in caso di malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie". 

Queste norme ci fanno sembrare meno Repubblica delle banane, anche se la formula magica: "salvo esplicita previsione dei contratti collettivi" apre le porte al consueto far west all’italiana.

 

Autrice: Daniela Faggion

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