Nel corso della notte tra il 5 e il 6 novembre il mondo scoprirà chi è il prossimo (o la prossima) presidente degli Stati Uniti d’America. Donald Trump (ancora) o Kamala Harris (la prima donna, nel caso). Non c’è bisogno di spendere troppo parole per sottolineare l’importanza e l’elettricità che attraversa i giorni che precedono questo spettacolo elettorale globale capace di attirare tutti, grandi e piccini, anche chi, di norma, gli esteri e la politica non se li fila nemmeno per sbaglio. Insomma raga, ma di cosa stiamo parlando?
Qui non si tratta solo di politica e delle reazioni immediate dei mercati internazionali appena si saprà chi è il nuovo presidente americano, non si tratta solo di come cambieranno i rapporti diplomatici tra i Paesi, qua si fa la Storia quella con una “s” talmente grande che è impossibile non rimanere attratti e rapiti dall’importanza di un evento che determina, e in misura considerevole, il futuro del mondo intero.
E la società americana, dallo showbiz ai media, lo sa benissimo. Per questo negli States tutte le personalità, gli attori e i soggetti la cui influenza potrebbe essere determinante nel traghettare voti da una parte o dall’altra, non può esimersi dal comunicare l’indirizzo del proprio voto, ossia il sostegno esplicito a un candidato: quello che in gergo politico si chiama endorsement. Non si tratta unicamente di una scelta personale, ma di un vero e proprio atto dovuto. In pratica la segretezza del voto, quando sei qualcuno che conta, in Usa non è ammissibile e vale anche per la stampa che, spesso e volentieri, mostra la propria indipendenza proprio attraverso una dichiarazione di non neutralità.
Rimanere neutrali ha, infatti, delle conseguenze. Lo dimostra il putiferio scoppiato quando il Washington Post ha comunicato la sua inattesa decisione di non pubblicare nessun endorsement per le elezioni presidenziali, interrompendo una tradizione che continuava dal 1988. Risultato: dimissioni e lettere di protesta di alcuni redattori e almeno duecentomila abbonati del Washington Post che hanno disdetto l'abbonamento. Tanto per capire quanto, in Usa, sia forte la pressione verso chi ha influenza mediatica a metterci la faccia quando si tratta di Casa Bianca, cosa che il New York Times ha preso decisamente alla lettera. Ma tra tutte, è la faccia dei giganti dello showbiz e delle stelle di Hollywood quella che è capace, segnalando al pubblico a quale candidato guarderà, di cambiare, bisogna dirlo, il corso della storia.
Per toccare con mano la portata dell’influenza delle celebrities sulle elezioni americane non c’è esempio che funziona meglio di quello di Taylor Swift che, ancora una volta, quando si tratta di primati porta la situa a livello "spostatevi proprio". Infatti, il post su Instagram che ha pubblicato la cantautrice per dichiarare il suo sostegno a Kamala Harris ha ricevuto poco meno di 2 milioni di like in 25 minuti. Mentre il link che la più importante pop star del pianeta ha pubblicato nella storia di Ig collegata, dove invitava i suoi follower a registrarsi per votare andando sul sito ufficiale del Governo Usa vote.gov, ha fatto registrare un boom di accessi alla piattaforma pari a 405mila. "Voterò per Kamala Harris perché si batte per i diritti e le cause che credo abbiano bisogno di un guerriero che li difenda" ha scritto la cantautrice. Che poi magari non proprio tutti tutti voteranno (o voteranno Harris) tuttavia la notizia non fatto molto piacere a Donald Trump che sul suo social, Truth, ha sbottato con un post che non lascia molto margine all’interpretazione: "Io odio Taylor Swift!", ha scritto l’ex presidente in corsa per essere rieletto. Per la serie: "gne gne gne".
E se la Harris può avvantaggiarsi dell’endorsement di una star come Taylor Swift, Trump dal canto suo può flexare l’appoggio di una personalità che, in quanto a stelle, conosce pochi rivali: l'astronauta Buzz Aldrin (proprio quello omaggiato nel film di animazione Toy Story della Pixar) il secondo uomo ad aver mai camminato sulla Luna. "Per me, per il futuro della nostra nazione, per affrontare enormi sfide e per i comprovati risultati politici, credo che la nazione sia meglio servita votando per Donald Trump". Eh si, per quanto riguarda pianeti, stelle e viaggi spaziali Trump ha le spalle coperte, è infatti nota la preferenza politica di Elon Musk per l’uomo d’affari 78enne (è nato nel 1946) presidente della Trump Organization. "L'America non sarà solo fantastica. L'America raggiungerà vette mai viste prima. Il futuro sarà incredibile!". Un appoggio, quello del papà di Tesla, che non si riduce a balletti e dichiarazioni bizzarre che tuttavia non mancano, come l’ultima sugli alieni discreti e riservati presenti sulla Terra (tutto vero raga) nel corso di un suo intervento ad un comizio pro Trump in Pennsylvania.
Oltre a queste dichiarazioni, Musk ha anche lanciato una controversa lotteria attraverso il suo comitato di azione politica, America PAC. La lotteria offre un premio di un milioncino di dollari al giorno (si, avete letto bene) a un elettore registrato che firma una petizione a sostegno del primo e del secondo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, il diritto alla libertà di parola e al possesso di armi. Un metodo non proprio regolare per invogliare le persone a scegliere un candidato e di cui Musk dovrà rendere conto in tribunale.
Trumpiano convinto è anche Mel Gibson che, nei confronti della Harris, si è lasciato andare a una dichiarazione impavida forse, ma di sicuro non di cuore: "So cosa accadrà se lasceremo entrare lei. Niente di bello. Pessimo curriculum, traguardi miserabili, nessuna politica di cui parlare e il quoziente intellettivo di un palo". Insomma, tutte argomentazioni di peso come vedete. Tuttavia, il sostegno più divisivo e chiacchierato a Trump è quello che viene da Kanye West – o meglio Ye, dal 2018 suo nome all’anagrafe - che non solo è un fan del tycoon ma gli ha anche proposto l'ideona di correre al suo posto alla Casa Bianca, concedendo a Trump di poter essere il suo vice. Ye non è l’unico rapper afroamericano a sostenere Donald: gli fanno compagnia anche Lil Wayne e Kodak Black, graziati da Trump nel 2021 dalla condanna per possesso illegale di armi da fuoco… ma guarda te che caso! Pro Trump anche la modella Amber Rose: "A Trump non importa se sei nero, bianco, gay o etero. È tutto amore. Ed è stato allora che mi sono resa conto: questa è la mia gente". Ah, ok.
In questo scontro a colpi di super vip, tuttavia, anche Kamala Harris può disporre di gente di un certo calibro e così giusto per fare vedere all’avversario con chi ha accheffare la vice di Biden porta sul palco di Detroit, durante un recente comizio dei Democratici con ospite Barack Obama, niente meno che Marshall Bruce Mathers III, al secolo Eminem. "Penso che Harris sostenga un futuro per questo paese in cui molte libertà saranno protette e sostenute".
La prima donna afroamericana e di origini indiane a correre per la Casa Bianca, oltre ai super vip, dalla sua ha anche i supereroi: i membri del cast di "Avengers" Scarlett Johansson, Robert Downey Jr, Chris Evans, Mark Ruffalo, Don Cheadle, Danai Gurira e Paul Bettany si sono infatti uniti per una call su Zoom di sostegno a Harris. Anche per quanto riguarda gente ragguardevolmente muscolata i due rivali gareggiano ad armi pari, se Trump può giovarsi dell’endorsement di Hulk Hogan, Kamala Harris risponde con “il fuoco amico” dell’ex governatore repubblicano della California, Arnold Schwarzenegger che a sto giro vota democratico.
Ma non è finita qua, perché la coda di sostenitori stellati di Harris è ancora lunga e include pesi massimi come Leonardo DiCaprio, Billie Eilish, Bruce Springsteen, Madonna e Beyonce, ed è proprio una canzone della ex Destiny's Child che Kamala Harris ha scelto come inno per la sua campagna elettorale, si tratta di “Freedom" brano di Beyoncé del 2016. La moglie di Jay-Z, inoltre, ha sottolineato l’importanza della candidatura di Harris per i diritti delle donne. "Lei sta lavorando per ciò di cui il Paese ha bisogno adesso. Ma ha bisogno di voi: dobbiamo votare. L'America ha bisogno di una nuova canzone: la canzone della dignità" ha dichiarato Beyonce salendo sul palco accanto a Kamala Harris a Houston in Texas, Stato Usa tradizionalmente repubblicano. Anche J.Lo si è esposta pubblicamente per la vicepresidente: "Credo nel potere delle donne, hanno il potere di fare la differenza. Mi piacciono i finali hollywoodiani, quando vince il bravo ragazzo o, in questo caso, la brava ragazza".
E se tutto questo non basta a farvi salire l’hype, vi basti sapere che lo storico Allan Lichtman - considerato il Nostradamus delle elezioni americane dato che dal 1984 ha indovinato il risultato di tutte le presidenziali tranne una - si è espresso: secondo la sua autorità il 5 novembre il mondo assisterà all’elezione della prima donna presidente degli Stati Uniti d’America. E forse, era anche ora.
Autore: Davide Frigoli
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