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Non se ne può più. Siamo arrivati. Videocall, riunioni, conferenze: tutto via Zoom, tutto dietro uno schermo. Che fosse in atto un affaticamento da Zoom già si sapeva, tanto che è stato pure coniato il termine Zoom fatigue. Sintomi: difficoltà di concentrazione, aumento di impazienza e irritazione, mal di testa e mal di schiena, dolori articolari, mal stomaco. La news riguarda gli utenti di Zoom (e in generale delle app di videocall): le donne sono più in sbattimento degli uomini.

Giusto un dato: da poco più di 25mila utenti giornalieri di videoconferenze di febbraio 2020, siamo passati agli oltre 176mila utenti di marzo, mese d’inizio del lockdown. Un botto. Secondo un nuovo studio pubblicato da un gruppo di ricerca dell’Università di Göteborg e dell’Università di Stanford, le donne trascorrono molto più tempo degli uomini in collegamento video e fanno pause più brevi tra una videochiamata e l’altra. Che peso. La sensazione è quella di sentirsi "fisicamente in trappola", visto l'obbligo di dover rimanere impagliati nel rettangolino dell'inquadratura.

Aggiungiamoci poi la menata del cosiddetto effetto specchio: tu sei lì a parlare di bilanci e fatturato e intanto non riesci a non fissarti sullo schermo, che ti rimanda la tua immagine con insistenza. E scattano le pare: capelli tremendi, viso spento, occhiaie, naso grosso, troppe rughe e via dicendo. "È come un’intera giornata trascorsa con un assistente che regge uno specchio davanti a te ogni volta che interagisci con qualcuno", ha spiegato una delle autrici dello studio, Géraldine Fauville, docente di scienze dell’educazione, della comunicazione e dell’apprendimento all’Università di Göteborg.

Un’altra sensazione sgradevole, rilevata dallo studio, è l'iper-sguardo, cioè l’impressione di essere osservati da tutti in ogni momento. Magari i nostri interlocutori stanno guardando la mensola di fronte a loro, pensando a cosa ordinare per cena o al senso finale della Superlega, ma a voi danno l'impressione di essere intenti a fissarvi. Tutti lì, a guardare voi e la vostra faccia. Che ansia. La stessa sensazione la percepiamo in videochiamata con una sola persona. Magari un amico, un parente. La vicinanza allo schermo fa sembrare l'altra persona appiccicata a noi, pronta a scandagliare ogni nostro poro con la lente d'ingrandimento. Del resto, spiegano i doc del sondaggio, una distanza così ridotta tra due persone si verifica dal vivo solo durante una lite o durante il sesso.

Ma quindi perché le donne soffrono maggiormente la Zoom fatigue? Bo, non si sa. Ci stanno ancora lavorando. Si è parlato di tipologie di lavori diverse, di maggiori difficoltà economiche e di una diversa conflittualità della donna, rispetto all'uomo, con l’immagine del proprio corpo. Che si fa quindi? Noi possiamo fare ben poco: se possibile sostituire la video call con una chiamata audio, ma il cambiamento deve arrivare dall'alto. "La responsabilità di affrontare l’affaticamento da Zoom non dovrebbe ricadere sugli individui - ha spiegato Fauville - perché questo potrebbe soltanto intensificare le disuguaglianze". I datori di lavoro dovrebbero quindi adottare nuovi protocolli in grado di proteggere tutti dall’affaticamento: ad esempio prevedere almeno un giorno della settimana senza videochiamate o magari stabilire pause di almeno dieci minuti tra le riunioni. Sarebbe già un inizio.

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