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Fermi tutti: ma quindi la cotoletta è nata a Milano o a Vienna?

Non si tratta solo di carne fritta, ma di un'autentica leggenda. Comprensiva di storie, aneddoti e un'eterna diatriba con gli austriaci.

Imbruttiti, ricordate il nostro viaggio a Vienna di qualche mese fa? 

Sì, dai quando avevamo preso il treno notturno da Rogoredo per andare in terra austriaca a sfondarci di Wiener Schnitzel  che, banalizzando, avevamo definito una cutuleta senza l’oss“. Ecco, ora è giunto il momento di mettere i puntini sulle i. Perchè quando a Milano si parla di cotoletta – anzi iniziamo ad abituarci a chiamarla costoletta – la cosa si fa veramente seria. La vera costoletta alla milanese ha, infatti, l’osso categorico. Si tratta generalmente di lombata di vitello, impanata con uovo e pan grattato e, infine, fritta nel burro (meglio se chiarificato). Figa, le basi. 

Nella Schnitzel preparata oltre il Brennero invece, oltre a mancare l’osso, la carne è battuta molto più sottile con il mazzuolo, quindi viene distesa a orecchia d’elefante. Si usa la lonza di maiale (al limite fesa di vitello). In Austria poi si passa la carne nella farina e si frigge nello strutto. Insomma, sono due cose diverse, non c’entrano una mazza l’una con l’altra, ma come sappiamo a Milano c’è stata la dominazione austriaca e quindi le dicerie si sono sempre sprecate. La leggenda narra che il maresciallo austriaco Radetzky – sì il celebre locale di Largo La Foppa dove vi sparate decine di stories non si chiama così a caso – mentre si trovava nella città meneghina abbia informato l’imperatore Francesco Giuseppe magnificando le qualità della carne panata alla milanese. Ebbene, in realtà pare non sia vero nulla. Ben prima di Radetzsky sul bel Danubio Blu già si scofanavano Schnitzel a nastro, come testimoniato da trattati di gastronomia austriaci antecedenti al dominio sulla città di Milano. Sì, ok, va bene non mischiarsi con i mangiacrauti, ma quindi la costoletta alla milanese? 

Si dice che la tecnica della panatura risalga al Medioevo periodo in cui i nobili, per ostentare i loro privilegi, usavano grattugiare l’oro sui loro piatti. Salt Bae scansati proprio. Pare che l’antenata della milanese come la conosciamo oggi sia stata servita addirittura nel 1134. Pietro Verri nella Storia di Milano ha raccontato di un sontuoso banchetto nel giorno di San Satiro, il 17 settembre. Lì, per onorare il fratello del vescovo Ambrogio, si friggevano costolette – chiamate allora lombolos cum panitio – come non ci fosse un domani. Sono dovuti passare molti secoli prima che nel 2008 il Comune di Milano, con l’attribuzione della DE.CO. (Denominazione Comunale), chiarisse una volta per tutte anche a livello burocratico le eterne questioni sulla costoletta. 

Sì, vabbè, son passati quasi mille anni. Tante belle parole e poi a noi sale lo sbrano. Per mangiare una bella cutelèta vi avevamo già dato qualche dritta qui con location selezionate. Magari ci si può abbinare anche un bel vinello. Il nostro sommelier della circonvalla (che sarei io) sostiene che con il rosso si sposa benissimo. Se vogliamo proprio stupire ci sarebbe il San Colombano, unico vino della Città Metropolitana di Milano, ricordate? In generale servono vini rossi non troppo strutturati, profumati e con una spinta di acidità per sgrassare leggermente il palato. Se poi siete dei veri ganassa e ci sbocciate sopra uno champagnino, chi sono io per vietarlo? Quello sta sempre bene con tutto. 

Buon appetito e un brindisi al Maresciallo Radetzky!

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